The day after

Il simbolo della neurodiversità, l'infinito dai colori arcobaleno, su uno sfondo post apocalittico

3 aprile, the day after. Dopo l’indigestione di consapevolezza, dopo l’orgia di informazione e disinformazione, fuochi d’artificio di scintillanti deficit, disturbi blu e patologie. Il giorno successivo all’ingorgo di workshop aziendali, conferenze e webinar sull’autismo; dopo i paternalistici proclami inclusivi e gli inviti a una caritatevole accoglienza, la marea di foto, articoli e post strappalacrime che urlano dolore e solo dolore e superamento perché, ti dicono, hai il nemico dentro, devi affrontarlo quest’autismo, devi superarlo, devi combatterlo. Il giorno dopo il 2 aprile, è come capodanno. Raccogli i cocci dopo il veglione, le strade vuote, coriandoli nel fango e bengala consumati per terra, bottiglie vuote, monnezza dappertutto. Ma soprattutto, silenzio.

Ogni anno così, in una giornata ti arriva addosso quello che speravi di avere schivato tutto l’anno. Le domande, com’è convivere con la tua “patologia” ogni giorno? ma un messaggio di speranza ce lo puoi dare? allora si può avere una vita anche con l’autismo? eh, ma tu sei fortunato, mica si vede, tu parli pure, no? Tutto gira vorticosamente per una giornata e poi fortunatamente, all’improvviso, ogni cosa si ferma.

Continuo a domandarmi ogni anno quanta consapevolezza possa nascere da tanto rumore, da questa gara presenzialista in cui chiunque deve dire qualcosa perché altrimenti pare brutto, perché devi dire che c’eri. Forse confondiamo il casino con la conoscenza, insomma, basta che se ne parli. Ne ho lette tante, di cose del genere. Quando a qualcuno è stato fatto notare che quella parola anche no, che quel simbolo in realtà non ci rappresenta, e ti risponde che insomma, quanto siete pesanti e rigidi voi autistici, per una volta che si parla di voi, l’importante è che se ne parli! Ma no, così non funziona, non basta che se ne parli.

Chi glielo spiega alla gente che volere non è potere, a meno che non ci si possa permettere di pagare? Chi glielo dice che domani si continueranno a fare colloqui di lavoro inaccessibili? Che i bambini autistici a scuola saranno ancora esclusi, verranno allontanati dalle celebrazioni contro il bullismo, che in classe troveranno solo qualche cartellone azzurro appeso al muro e un paio di pezzi di puzzle a memoria di un presunto loro essere “speciali”.

Ogni anno il 3 aprile mi guardo allo specchio, sorrido e mi faccio i complimenti per avercela fatta. Non ho sbroccato, almeno non troppo, non mi sono svegliato color blu puffo, non mi mancano pezzi e non mi sento un enigma irrisolvibile. E, nonostante tutto, tiro un sospiro di sollievo e penso che se la consapevolezza è questa, meno male che dura solo una giornata. E adesso pensiamo alle cose serie, che oggi, 3 aprile, è il World Party Day.

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