Dopo 21 anni, come ogni anno, il 15 di ottobre la ferita si riapre. Sembra assurdo il modo in cui il tempo riesce a sospendersi davanti all’intensità dei sentimenti, dei ricordi. E allora affido a un brano tratto da Eccentrico il ricordo di quella sera di ventuno anni fa.
Pregai per lei un dio nel quale non credevo, in silenzio, poggiandole la mano destra sul capo mentre se ne andava. La fissavo, cercavo nei suoi occhi sbarrati una scintilla di quella vita che immensa aveva avuto dentro e che ora scivolava via silenziosa, un respiro dietro l’altro. Occhi spalancati, immersi nelle profondità del proprio essere che stava vivendo il momento ultimo, l’attimo al quale tutti saremo chiamati. Mi sentivo profondamente calmo, non una lacrima, non un cedimento.
Eravamo tutti e tre intorno a lei eppure era sola, in quei lunghi istanti. La condizione umana che sempre ci accompagna durante tutta la vita, la solitudine, e che l’umanità cerca di fuggire disperatamente come fosse un nemico, era adesso così chiara ai miei occhi come mai prima.
Se ne andò poco dopo, e il senso di vuoto fu immediato. Colei che mi aveva dato la vita e mi aveva insegnato l’amore, la gioia, la tristezza, il dolore, se ne era andata per sempre. La certezza che mai più avrei potuto guardare il suo volto fu devastante; dentro di me avvertii uno scricchiolio, qualcosa si era irrimediabilmente rotto: adesso sì, ero davvero solo. Eppure, nell’isteria collettiva del momento, io continuavo a sentirmi profondamente calmo.Ma perché vi fa tanta paura, la solitudine? Siamo soli, soli viviamo e soli moriremo, non importa quante persone, quanti amori e amicizie collezioneremo durante l’arco della nostra esistenza, siamo e rimarremo soli. I pensieri, i nostri sentimenti, ciò che ci rende umani sono realmente intimi, sono solo nostri. E questo ci rende soli, meravigliosamente unici.