Il mese dell’orgoglio

bandiera arcobaleno simbolo del movimento LGBTQI+

 

Giugno è il mese dell’orgoglio, il “Pride Month”, e forse è il caso di riflettere un attimo proprio su questa parola, orgoglio.

“Io non capisco cosa ci sia da essere orgogliosi nell’essere omosessuali, o autistici, o disabili!”, mi sono sentito dire con l’avvicinarsi dei vari Pride, le giornate dell’orgoglio in cui, secondo la maggioranza, le persone appartenenti a una qualche categoria della diversità manifestano in modi più o meno pittoreschi la propria appartenenza a quella categoria.

E io, ogni volta, cerco di spiegare che intanto quell’affermazione (o domanda, a seconda di come viene posta) è già di per sé normalista, in quanto presuppone che essere diverse abbia una connotazione negativa, insomma, che ci sia poco di cui andare orgogliosi. Ma anche nel caso in cui non ci sia alcun intento discriminatorio, come quando mi dicono che ormai “anche voi avete ottenuto tanti diritti”, rispondo che in realtà la cosa è un po’ offensiva, se non altro per quel tono paternalistico teso a farci notare che, in un atto di grande magnanimità, loro, le persone normali, ‘sane’, abili, ci hanno perfino concesso qualche diritto. Insomma, adesso che bisogno c’è di fare tutto quel carnevale per le strade, di scrivere articoli e invettive contro un’esclusione che vediamo solo noi, creature ingrate?

Il punto non è tanto quell’aura normalizzatrice alla base della domanda. La questione, per come la vedo io almeno, è che intanto non ci troverei assolutamente niente di male nel sentirmi orgoglioso di essere neuroatipico, LGBTQI+, nero, straniero, malato cronico, in poche parole, diverso. Ma, al di là del diritto di ciascuna persona di sentirsi orgogliosa delle proprie caratteristiche, per me personalmente non c’è nemmeno una questione di orgoglio nell’essere omosessuale o autistico. Tutto sommato non so quanto riuscirei a sentirmi orgoglioso di qualcosa su cui non ho avuto alcun potere di scelta. Io, durante quelle che alcuni vedono come inutili giornate a tema, manifesto il mio essere me stesso rivendicando con orgoglio – quello sì – il diritto a vivere e mostrare liberamente la mia identità.

Certo, capisco che per alcune persone questo sentimento possa essere difficile da comprendere, soprattutto quando non è mai stato loro negato il diritto di autorappresentanza o di autodeterminazione, quando non hanno dovuto nascondersi sentendosi sbagliati, difettose, dovendo fingere di essere normali per non essere esclusə da una società che ritiene giusto discriminare, bullizzare, a volte anche picchiare, uccidere o incarcerare le persone percepite come diverse. Per chi non ha mai vissuto l’esclusione, l’invisibilità sociale, è evidente che ci sia poco da festeggiare nel poter mostrare al mondo, con orgoglio, sé stessə.

[Da: Fabrizio Acanfora. In altre parole, dizionario minimo di diversità. ed. effequ]

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