Sparato perché autistico

Linden Cameron è un ragazzino di 13 anni, ridotto in fin di vita a colpi di pistola da due agenti di polizia: era disarmato e si trovava nella sua casa a di Salt Lake City. Linden Cameron non è “malato di mente”, non ha “gravi problemi mentali”, non è “incapace di intendere e di volere” e nemmeno “soffre di autismo”, come hanno scritto alcuni giornali italiani[1]. Lui, semplicemente, è autistico, e nel momento in cui è stato colpito stava attraversando un meltdown, una crisi piuttosto comune tra noi autistici che può essere il risultato di un sovraccarico sensoriale, emotivo o cognitivo.

Nel caso in questione, la madre ha attribuito la crisi al suo ritorno al lavoro dopo diversi mesi di interruzione, per cui il Linden avrebbe avuto un attacco di ansia da separazione che è sfociato in un meltdown.

Durante un meltdown, noi autistici possiamo avere difficoltà a controllare le nostre reazioni. Io ricordo ancora uno dei miei peggiori meltdown, avevo 16 anni e dovevo andare a sostenere l’esame di ammissione a seguito dell’ennesimo cambio di scuola. Anni e anni dopo, una volta ricevuta la diagnosi, ho finalmente capito che le difficoltà che ho avuto nel portare a termine gli studi sono comuni a tante altre persone nello spettro autistico, e hanno a che fare con una differente modalità sociale, e cognitiva, con una ipersensorialità che rende un luogo come la scuola invivibile per un autistico con tutto quel rumore, la confusione e le luci al neon, il contatto fisico e una socializzazione imposta dalla maggioranza che esclude e bullizza chiunque si mostri differente.

Ricordo perfettamente ogni dettaglio di quel meltdown perché fu il più violento. Non volevo andare a dare l’esame, sapevo che cambiare scuola non avrebbe migliorato la situazione e dentro di me ero sicuro che la storia si sarebbe ripetuta: l’esclusione, le prese in giro, il disperato tentativo di capire dove sbagliavo, come dovermi comportare per cercare di fingere una normalità che non mi apparteneva. E allora, più si avvicinava il momento di andare a scuola, più saliva il nervosismo, la tachicardia, un’ansia incontrollabile. La voce acuta e preoccupata di mia madre era come una coltellata nelle orecchie, desideravo solo potermi chiudere in camera al buio, rannicchiarmi sul letto e far passare quel momento. Ma non era possibile, il nervosismo aumentava e sentivo che stavo per esplodere. Fino a che non cominciai a prendere a testate il muro.

L’immagine di mia madre che provava a fermarmi, io che gridavo come un ossesso e bum , bum, bum continuavo a dare testate al muro. Per fortuna la parete era rivestita di polistirolo per ridurre l’umidità, altrimenti mi sarei spaccato la testa. Eppure quei colpi ripetitivi, ritmici, il dolore e il contatto tra la testa e il muro in qualche modo riuscirono a calmarmi. Fu orribile, e la cosa peggiore è che in quei momenti, come durante ogni altro meltdown, ero cosciente di quanto stesse accadendo, sapevo che mia madre era disperata, che ai suoi occhi mi stavo definitivamente trasformando nel figlio pazzo, quello senza speranze, il figlio difettoso. Avrei voluto fermarmi ma non potevo, perché un meltdown non è un capriccio e nemmeno un momento di rabbia; un meltdown è il tuo sistema nervoso che esplode in mille pezzi e a volte, quando la pressione accumulata è davvero tanta, è possibile arrivare a dire e fare cose che non vorresti.

L’autismo è una condizione che si presenta in quasi il 2% della popolazione, e in un 69% dei casi non è accompagnato da manifestazioni a prima vista evidenti come problemi nella coordinazione motoria, nello sviluppo cognitivo[2] o del linguaggio, come nel caso di Linden Cameron che su alcuni giornali stranieri è infatti descritto come “Asperger”[3]. Essere neuroatipico vuol dire avere un sistema nervoso organizzato diversamente dalla maggioranza della popolazione, e questo si traduce in una serie di differenti comportamenti, di differenti reazioni agli stimoli e a situazioni che dalla la maggioranza sono considerate “normali”. Tra questi modi atipici di reagire all’ambiente nel quale ci troviamo e alle emozioni ci sono anche i meltdown, come quello che mi fece esplodere prima dell’esame, o quello che ha fatto sì che la madre Linden chiedesse aiuto al 911 perché non riusciva a calmare il figlio.

Non ho intenzione di unirmi al coro di commenti inutili dei soliti tuttologi che, a parole e nascosti dietro allo schermo di un computer o del loro cellulare, sanno perfettamente che loro non avrebbero mai chiamato la polizia per una situazione del genere. Anche se in America il 911 è il numero unico per le emergenze, tipo che tu chiami e spieghi il problema, e loro ti possono mandare un’ambulanza o, come in questo caso, la polizia che però invece di aiutarti quasi ti ammazza il figlio. Non mi interessa fare processi sommari ai poliziotti che hanno sparato a un ragazzino disarmato di 13 anni, credo che in rete ci siano già abbastanza giudici da tastiera e che le social-condanne siano state più o meno unanimi.

Quello che mi interessa è sottolineare come in un paese avanzato come gli Stati Uniti, anzi, in una società che si considera civile come quella a cui noi tutti apparteniamo, un autistico rischi ancora di essere ammanettato o immobilizzato (è successo anche troppe volte) o, come in questo caso, sparato perché dall’altra parte le persone che dovrebbero garantire anche la SUA sicurezza, non hanno la più pallida idea di cosa si trovino davanti. Ripeto, l’autismo interessa circa il 2% della popolazione, 140 milioni di esseri umani, e forse è davvero il caso che almeno le forze di polizia e tutte quelle categorie che hanno a che fare con la sicurezza dei cittadini come i vigili del fuoco, i medici e i soccorritori, ricevano informazioni su come gestire situazioni di crisi con persone autistiche.

E mi spingo oltre domandandomi se non sia il caso che anche i giornalisti, una volta per tutte, apprendano a scrivere correttamente di neuroatipicità, di’autismo, questa condizione del neurosviluppo che non è una collezione di deficit ma è una differente organizzazione del sistema nervoso che non può essere curata perché, tra l’altro, non è una malattia. È una condizione di diversità: si pensa diversamente, si percepisce diversamente, ci si esprime diversamente e diversamente si socializza. E ci si comporta diversamente. Diverso non vuol dire inferiore, difettoso, non vuol dire che la neurotipicità è migliore, è il modello a cui noi autistici dobbiamo aspirare per essere considerati membri della società senza il timore di essere sparati a casa nostra o semplicemente bullizzati a scuola o sul lavoro.

L’informazione corretta genera conoscenza di fenomeni che altrimenti continueranno a essere visti attraverso la lente semplicistica degli stereotipi, dell’aneddotica, dei racconti fantascientifici di vaccini che rendono autistici o di bambini senza empatia. La corretta informazione sensibilizza la comunità affinché venga a cadere lo stigma sociale che ancora, nel 2020, accompagna la diversità anche fisica e neurologica.

Quando accadono episodi tragici come il ferimento a colpi di pistola di un tredicenne disarmato perché autistico, anche se lontano da casa nostra, occorre domandarci se non ci sia qualcosa di sbagliato nel mondo che quotidianamente ciascuno di noi contribuisce a costruire.

NOTE

[1] https://www.corriere.it/cronache/20_settembre_09/choc-utah-polizia-spara-un-ragazzo-autistico-che-aveva-crisi-grave-13enne-b3785cc6-f22c-11ea-a04c-fd3ebc88ed6c.shtml?fbclid=IwAR3WoeH8FL0tr-1LDzWt5MXWtGMszC8YubsSKhdNN6iADEsTq3j4FaiYxoI

[2] Baio, J., Wiggins, L., Christensen, D. L., Maenner, M. J., Daniels, J., Warren, Z., Kurzius-Spencer, M., Zahorodny, W., Robinson, C., Rosenberg, White, T., Durkin, M. S., Imm, P., Nikolaou, L., Yeargin-Allsopp, M., Lee, L.-C., Harrington, R., Lopez, M., Fitzgerald, R. T., … Dowling, N. F. (2018). Prevalence of Autism Spectrum Disorder Among Children Aged 8 Years — Autism and Developmental Disabilities Monitoring Network, 11 Sites, United States, 2014. MMWR. Surveillance Summaries, 67(6), 1–23. https://doi.org/10.15585/mmwr.ss6706a1

[3] La sindrome di Asperger dal 2013 è stata eliminata come diagnosi autonoma dal DSM-5 e assimilata ai Disturbi dello Spettro Autistico.

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