L’invenzionde della “gender ideology”

Penny Polar Bear con le sue due mamme

 

Il mondo sussulta incredulo alla notizia che Penny Polar Bear, compagna di scuola di Peppa pig, ha raccontato alle compagne e ai compagni di classe di avere due mamme. E ritorna inesorabile lo spauracchio della terribile “ideologia gender”.

Ma voglio darvi una notizia ancora più sconvolgente: la famigerata ideologia gender, in realtà, non esiste, è una creatura dell’establishment politico ultraconservatore. Si tratta di una strategia – definita “discourse capture”[1] dalla studiosa Tessa Lewin – in cui concetti progressisti vengono presi e manipolati dalla destra conservatrice per i propri scopi.

Era già accaduto con il politicamente corretto, definizione che, come ben spiega Federico Faloppa nel suo articolo “PC or not PC”[2], veniva inizialmente usata all’interno della dottrina comunista per indicare la corretta adesione alla linea del partito. Successivamente, politicamente corretto venne utilizzato dagli attivisti di sinistra verso chi, all’interno dei loro stessi movimenti, esprimeva un’eccessiva ortodossia politica e infine, negli anni ‘80, fu preso in ostaggio dai neoconservatori, trasformato in una presunta ideologia dal carattere censorio e attribuita alla sinistra che, si disse, voleva imbavagliare la libertà di pensiero dei cittadini.

Allo stesso modo, dalla fine degli anni ‘90 assistiamo a un nuovo fenomeno di discourse capture con la creazione di una nuova ideologia, sempre attribuita alla sinistra, definita come “gender ideology”. Come spiega l’attivista femminista Sonia Corrêa, “la cornice semantica “ideologia di genere” si rivela come un significante vuoto e adattabile”[3], nel quale inizialmente il Vaticano, seguito da politici ultraconservatori e da movimenti cattolici fondamentalisti hanno infilato tutte quelle istanze nate nei decenni e portate avanti dai movimenti femministi e dai collettivi LGBTQI+.

Queste istanze sono state percepite come minacce ai valori tradizionali e immutabili dettati dalla morale religiosa e dall’ideologia politica conservatrice. E così la parità di diritti per le donne, per le persone non eterosessuali, per le persone transgender e non binarie, la libertà di esprimere il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere al pari delle persone eterosessuali e cisgender, la parità di opportunità lavorative e salariali, il diritto all’aborto, sono tra le minacce all’ordine sociale che la parte più conservatrice della politica ha arbitrariamente racchiuso in questa fantomatica ideologia gender.

Uno dei motivi alla base di questa invenzione della destra ultraconservatrice sta nel non accettare l’idea che il genere (insieme ai suoi ruoli prestabiliti e ben distinti tra uomo e donna, e a tutto ciò che questo comporta) possa essere un costrutto sociale, una creazione che – per quanto antica – è il prodotto di un’evoluzione culturale influenzata da credenze religiose, superstizioni, convinzioni personali, dinamiche di potere e sentimenti assurti al ruolo di verità oggettive. Insieme al rifiuto del genere come costrutto sociale, viene ribadita l’assoluta verità del binarismo sessuale come realtà biologica e dell’eterosessualità come unica espressione naturale della sessualità umana.

Ma, come spiega Lesley Rogers, per quanto sia innegabile che esistano differenze biologiche, ormonali e genetiche tra i sessi, “si tende a dimenticare che queste sono differenze tra i valori medi di dati che, sebbene significativi, sono sempre di entità molto piccola e, soprattutto, che le distribuzioni dei dati osservati per donne e uomini si sovrappongono notevolmente”[4]. Inoltre, le differenze biologiche da sole non sono affatto sufficienti a giustificare l’espressione di comportamenti umani specifici, che sono invece il risultato di una complessa interazione tra la nostra biologia e l’ambiente nel quale cresciamo, inclusa l’educazione che riceviamo. Non dimentichiamo, cosa fondamentale, che il determinismo biologico che vorrebbe spiegare ogni comportamento umano come il semplice risultato di predisposizioni genetiche, fa sì che “le ragioni sociopolitiche del comportamento umano vengano negate, lasciando ai governi scuse perfette per non spendere denaro per ridurre svantaggi e eliminare le ingiustizie sociali”[4]

E così, invece di stimolare il confronto sereno e la discussione costruttiva, si preferisce rafforzare l’idea di pericolo imminente per la società, di ecatombe morale, la si butta ancora una volta in caciara semplificando in modo avvilente una realtà complessa e delicata, cercando di suscitare emozioni forti come la paura e il disprezzo per chi non si conforma alle regole imposte dalla maggioranza, creando l’ennesimo nemico da combattere per il bene dell’umanità.

Ma l’umanità non ha bisogno di lotte né di nuove persecuzioni; la società non necessita di ulteriore discriminazione e sottomissione, dell’imposizione di ideologie che mirano esclusivamente al mantenimento di dinamiche di potere che avvantaggiano quella parte della popolazione che non ha intenzione di cedere i privilegi usurpati nei secoli.

Mostrare attraverso un cartone animato ai bambini e alle bambine l’esistenza di realtà familiari diverse da quella che alcuni considerano l’unica possibile, non è imporre l’inesistente ideologia gender, deviare giovani menti, anzi. È aprire orizzonti, concedere possibilità, dare l’opportunità a quei bambini e a quelle bambine, una volta cresciute, di vivere una vita piena e soddisfacente nel rispetto delle loro inclinazioni e dei loro desideri. Disegnare una famiglia con due mamme può aiutare a comprendere che quel compagno o quella compagna di scuola che ha anche lei due mamme, o due papà, non è strana, che non le manca nulla (non più di quello che potrebbe mancare a una bambina o a un bambino con una mamma e un papà), che non va allontanata, esclusa, presa in giro, bullizzata.

Imporre una visione di famiglia monocroma e denominarla con un ossimoro “famiglia naturale”, imporre ruoli creati sulla base di credenze religiose, superstizioni, giochi di potere e privilegio, non è fare del bene alle giovani menti. È plagiarle, indottrinarle all’intolleranza e alla semplificazione del pensiero. Tacciare di pericolosa ideologia ciò che invece è la realtà, ossia che la natura è caratterizzata dalla varietà, è il reale pericolo, la vera ideologia.

Forse bisognerebbe rispedire il pacco al mittente e cominciare a renderci conto che l’unica vera ideologia gender è quella che da secoli una cultura patriarcale ha imposto con la forza e con l’indottrinamento, una cultura gerarchica che stabilisce ruoli arbitrari e premia il conformismo e l’esclusione del diverso. Una cultura che ha modellato l’istituto della famiglia sulla sottomissione della donna e della prole alla figura paterna.

NOTE
[1] Lewin, T. (2021, September 2). Nothing is as it seems: ‘discourse capture’ and backlash politics. Gender & Development, 29(2–3), 253–268.
[2] Faloppa, F. (2019) PC or not PC? Some reflections upon political correctness and its influence on the Italian language. In: Bonsaver, G., Carlucci, A. and Reza, M. (eds.) Italy and the USA: Cultural Change Through Language and Narrative. Italian Perspectives (44). Legenda, Oxford, pp. 174-198. ISBN 9781781888759
[3] Gender Ideology: tracking its origins and meanings in current gender politics. (2017, December 12). Engenderings. Retrieved September 10, 2022, from https://blogs.lse.ac.uk/gender/2017/12/11/gender-ideology-tracking-its-origins-and-meanings-in-current-gender-politics/
[4] Rogers, L. J. (2010, June). Sexing the Brain: The Science and Pseudoscience of Sex Differences. The Kaohsiung Journal of Medical Sciences, 26(6), S4–S9.

Leave a reply:

Your email address will not be published.

Site Footer