La fragilità dei diritti

Una fotografia di un gruppo di scalatori che marcia in montagna sulla neve

Tempo fa, durante una presentazione di un libro, mi venne in mente un esempio tutto sommato banale ma efficace. Dissi che conquistare un diritto è come scalare una montagna.

Arrivare sulla cima è un cammino lungo e faticoso, a volte si perde la strada, un temporale rallenta la marcia, una frana costringe a una deviazione. E poi ogni tanto qualcuna delle persone che avevano intrapreso la scalata rinuncia, qualcun altro nel frattempo muore.

Ma alla fine, a volte, si arriva sulla cima. E quello è il momento in cui bisogna fare più attenzione perché il diritto, una volta conquistato, è fragile, va custodito, protetto.

Salire è dura, conquistare un diritto è faticoso, perderlo è un attimo: basta che qualcuno lo spinga di sotto. E purtroppo, quando la fatica di quella conquista viene dimenticata, quando si dà per scontato che le cose stiano così, che quel diritto sia scolpito nella roccia e non possiamo perderlo, si smette di vigilare e chiunque non sia d’accordo può arrivare lì e lanciarlo di sotto. Perché non troverà resistenza, nessuna opposizione.

Il giorno dopo l’insediamento del nuovo governo sono state presentate tre proposte che in modi più o meno diretti minacciano il diritto di aborto. Non erano proposte nuove, ma il tempismo è un chiaro messaggio: ora possiamo finalmente mettere mano ai vostri diritti.

E poi c’è stato l’episodio del consigliere leghista di Ferrara che ha chiesto le liste di tutte le donne che hanno richiesto al servizio sanitario nazionale un’interruzione di gravidanza, e l’elenco delle persone che hanno avviato un percorso di modifica del sesso anagrafico negli ultimi 10 anni. La richiesta è stata poi ritirata, ma la gravità del gesto rimane, e dovrebbe farci riflettere su quello che ci aspetta.

Si iniziano a creare dei precedenti, ad abituare le cittadine e i cittadini a gesti autoritari, agli abusi, al ritiro di diritti conquistati con anni di dure lotte, alla possibilità di manifestare il proprio dissenso.

È accaduto un po’ dappertutto, abbiamo esempi lampanti anche in Europa di come potrebbe andare a finire in Italia. Ripeto, quando la fatica delle lotte per conquistare un diritto viene dimenticata, è un attimo e quel diritto può esserti sottratto, calpestato e umiliato. I diritti vanno custoditi, sui diritti civili non si può abbassare la guardia. E invece è proprio quello che abbiamo fatto tutte e tutti negli ultimi anni, concedendo a persone dalle idee xenofobe, razziste, omofobe, sessiste e abiliste il potere di decidere delle nostre vite; permettendo a gruppi di ex fascisti, che di ex hanno solo qualche ritocco cosmetico ma nell’anima sono rimasti immutati, di detenere il monopolio sull’uso legale della forza.

E adesso ci ritroviamo con una lista surreale di ministeri dai nomi nostalgici che ci catapulta indietro di esattamente cent’anni: Ministero della famiglia, natalità e pari opportunità; Ministero dell’istruzione e merito; Imprese e made in Italy; Agricoltura e sovranità alimentare; Ministero del sud e del mare. Un uso delle parole per richiamare ideali e “valori” d’altri tempi, un linguaggio della chiusura verso l’esterno e dell’esaltazione nazionale (sovranità, made in Italy), un richiamo alle politiche sulla natalità e a quell’ideale di famiglia che proprio negli anni del regime fascista prendeva forza nella nostra cultura.

E poi la presa in giro sul merito: Non può esistere merito se non si mettono tutte le persone nelle condizioni di farcela, non può esistere merito senza parità di opportunità. Subire discriminazione ed esclusione sociale significa partire in svantaggio, significa fare una corsa a ostacoli mentre altre persone hanno davanti una pista in discesa. Mantenere e rinforzare i privilegi di alcuni gruppi, cosa che è nel DNA del nuovo potere, vuol dire garantire le disuguaglianze. Ma parlano di merito.

Un’ultima nota: alla disabilità, di nuovo, una persona non disabile. A dimostrazione del fatto che quello della politica è un mondo chiuso alla disabilità, ma soprattutto per ribadire il concetto di stampo caritativo che poverine, le persone disabili da sole non possono farcela, bisogna che ci si occupi di loro, che si legiferi per loro su di loro ma, per carità, sempre senza di loro.

Non riesco a essere ottimista osservando quello che sta accadendo, soprattutto per la superficialità con cui abbiamo permesso che tutto ciò avvenisse, per la mancanza di una reale opposizione, per il livello di corruzione e deterioramento del sistema democratico. È ora di assumerci le nostre responsabilità e vigilare per tutti quei diritti che con molta probabilità verranno attaccati nei prossimi mesi. Facciamo attenzione a non sottovalutare certi segnali, perché potremmo poi risvegliarci in un mondo che pensavamo non sarebbe mai più tornato.

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