La lenta erosione dei diritti

Delle silhouette di persone che ballano su uno sfondo di colori psichedeliciIl 5 settembre 2019 l’attivista politico Konstantin Kotov è stato condannato a quattro anni di reclusione in base all’articolo 212.1, introdotto nel codice penale russo nel 2014 per restringere e limitare il diritto di riunirsi e manifestare pacificamente. L’articolo 212.1 punisce chi viola “ripetutamente […] la procedura stabilita per organizzare o tenere riunioni, dimostrazioni, manifestazioni, marce, o picchetti.”

La storia di Konstantin Kotov è stata raccontata in un documentario emotivamente potente di Nina Gusevava intitolato “The case”. Ero al festival di Internazionale a Ferrara come speaker, appena un mese fa, quando con mia cugina abbiamo deciso di andarlo vedere, e sono uscito dalla sala preoccupato, arrabbiato, demoralizzato. Mi ha preoccupato vedere in che modo sia stato eroso il diritto di riunirsi e manifestare delle cittadine e dei cittadini russi, ascoltare le motivazioni dei tribunali che negavano perfino l’evidenza registrata in video pur di condannare una persona che provava a esercitare un diritto tanto temuto dal potere, quello di poter esprimere pacificamente il proprio disaccordo.

Esattamente un mese dopo, in Italia i giornali titolano “stretta sui rave”, “il rave diventa reato”, “rave party: 6 anni di reclusione”. Eppure nell’articolo 434-bis del codice penale fresco di approvazione per decreto legge, la parola “rave” non compare nemmeno una volta. Con una preoccupante vaghezza che lascia spazio alle interpretazioni più fantasiose e creative, questo articolo in realtà sanziona “L’ invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.

Non si parla di rave, ma di raduni.

Una delle motivazioni del tribunale alla condanna di Kotov è stata la presunta pericolosità per l’ordine pubblico della manifestazione a cui si stava recando. Kotov è stato arrestato mentre percorreva un tratto di strada tra l’uscita della metropolitana e il luogo della manifestazione (a cui ancora non aveva preso parte), ci sono le riprese di alcune telecamere di sicurezza a dimostrarlo, ma questo non lo ha scagionato nemmeno in appello. La decisione era chiaramente politica, una punizione esemplare. E allora attraversare la strada è stato interpretato in modo creativo, è divenuto partecipare a una manifestazione pericolosa per l’ordine e la sicurezza pubblica.

L’articolo 434-bis è ancora più vago del 212.1 russo, perché parla genericamente di raduni di più di 50 persone, una definizione che fondamentalmente può descrivere qualsiasi manifestazione o meeting, e lascia aperta all’interpretazione delle forze dell’ordine e dei tribunali la definizione di cosa sia un raduno pericoloso.

Quindi, per favore, non chiamatela norma anti-rave, perché quando tra un paio di settimane nessuno parlerà o si ricorderà più del rave di Modena, questo articolo rimarrà lì e verrà applicato per silenziare proteste che con i rave non hanno nulla a che fare. Non chiamatela norma anti-rave, chiamatela col suo nome: una norma per evitare le proteste contro il potere; l’ennesima mossa per erodere diritti fondamentali di tutte le persone.

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