Autorappresentanza, un diritto di cui la maggioranza delle persone non sa di godere liberamente, ma che per molte minoranze non è affatto scontato.
Avere la possibilità di rappresentare se stessǝ, di poter parlare a nome proprio, di decidere se l’immagine che la società si aspetta che indossiamo ogni mattina coincide con chi siamo, con chi sentiamo di essere o vogliamo essere, è fondamentale per la dignità e la realizzazione di ogni persona.
La diversità vede invece rappresentare se stessa quasi esclusivamente attraverso la narrazione che di essa fa la maggioranza, una narrazione che tende a normalizzare o a mitizzare alcune caratteristiche, a medicalizzarne altre, a vedere deficit dove invece sono differenze.
Riconoscere alla diversità la stessa dignità, lo stesso diritto ad autorappresentarsi della maggioranza, è l’inizio del cambiamento culturale, un cambiamento fondamentale per tutta la società. Senza questo passaggio non è possibile confrontarsi apertamente, creare una convivenza paritaria delle infinite differenze che ci caratterizzano.
Se cresciamo in una realtà fittizia in cui le differenze vengono rappresentate esclusivamente attraverso lo sguardo della normalità, in cui vengono nascoste, giudicate inferiori, compatite, allora quando incontreremo la diversità questa ci apparirà deformata, a volte spaventosa; ci farà pena o la useremo come oggetto d’ispirazione; le chiederemo di cambiare. Ma non le riconosceremo mai la dignità di esistere per come è.
Essere consapevoli che la società è formata da identità, funzionamenti, caratteristiche differenti significa diventare liberǝ, non sentirsi costrettǝ a esprimere la propria essenza di nascosto, non dover indossare la maschera di una normalità che non esiste.