Un paio di cose facili, visto che oggi si leggerà e ascolterà di tutto:
1) La disabilità non è nella persona.
2) La disabilità nasce dall’interazione tra una persona con determinate caratteristiche fisiche, neurologiche, sensoriali, e una società strutturata intorno a un ideale artificiale di normalità. La persona disabile non è quindi prevista all’interno di una società normocentrica.
3) La persona è “disabilitata” dalle barriere che la società normocentrica mette e lascia sul suo cammino, c’è poco da fare. Sostenere il contrario, ossia che la disabilità è una caratteristica della persona e che la persona disabile debba adattarsi al mondo, vuol dire sollevare la società dalla responsabilità di disabilitare le persone considerate non conformi a questo fittizio ideale di norma.
4) La narrazione normocentrica che la società crea di sé, esclude di default le persone disabili non garantendo loro il diritto di autorappresentanza e autodeterminazione. Questi diritti vengono dati per scontati dalla maggioranza delle persone, che li esercita senza esserne consapevole, trasformandoli così in privilegi di cui le persone disabili sono troppe volte private.
5) La narrazione che la società fa della disabilità non prevede la equa partecipazione delle persone disabili: il mondo parla delle persone disabili, raramente parla con loro, e ancora più raramente è concesso loro di parlare di sé. Per questo il racconto della disabilità va da una narrazione che esaspera il dolore a una che descrive le persone disabili come angeli, ovviamente asessuati, per finire con quella spettacolarizzante in cui la persona è accettata nella società a patto che faccia qualcosa di straordinario, che sia “speciale” e si impegni a superare la propria disabilità (che la normalità interpreta ovviamente come un limite).
6) La disabilità non è sempre visibile dall’esterno. Questo non significa che l’effetto della disabilitazione sulla persona sia meno potente.
E adesso prepariamoci a leggere di supereroi e supereroine, di persone speciali, piccoli angeli, di fonti di ispirazione e di persone sofferenti che, poverine, vanno aiutate; prepariamoci a un’overdose di “noi” contro “loro”, di paternalismo e buonismo. Ma non disperate, domani sarà tutto finito, e della disabilità se ne tornerà a parlare di nuovo tra un anno.