Inclusione scolastica tra abilismo e ispirazione

Screenshot dalla pagina di Repubblica che riporta la dichiarazione del gnerale Vannacci sulle classi speciali per persone disabili

Abbiamo letto la proposta del generale Vannacci di ritornare alle classi differenziali per gli studenti e le studentesse disabili, un’idea che, come molte altre opinioni che il generale da mesi a questa parte elargisce con generosità, rappresenta un salto indietro nel tempo a momenti che speravamo archiviati. In questo caso, a prima del 1977, anno in cui le classi differenziali vennero abolite con la legge 517/77, affermando di fatto il ruolo centrale della scuola nel processo di inclusione.

Ovviamente, il discorso abilista di Vannacci ha suscitato molte reazioni. E tra queste ce n’è una che sta girando parecchio sul web che mi interessa particolarmente perché, sebbene in buona fede, rappresenta una visione della disabilità purtroppo ancora diffusa, quella che per meritarsi la parità di opportunità la persona disabile debba diventare una specie di super disabile. Questo maldestro – seppure sicuramente in buona fede – tentativo di difendere l’inclusione scolastica dagli attacchi discriminatori del generale prende come esempio, come fonte di ispirazione, l’astrofisico britannico Stephen Hawking. Più o meno in vari post si dice che sono brutte le parole di Vannacci, vanno assolutamente condannate, la scuola deve essere inclusiva, pensate che accadrebbe a Stephen Hawking a scuola oggi, se la proposta del generale venisse messa in pratica, ci perderemmo un genio della cosmologia.

Ma questo discorso è problematico sotto diversi punti di vista. Prima di tutto, questa argomentazione cade nell’Inspiration Porn, termine coniato dall’attivista disabile Stella Young per descrivere la narrazione che vede le persone disabili come fonte di ispirazione, che racconta la disabilità come limite da superare e non come il risultato di barriere create da una società sviluppata intorno a un ideale fittizio di persona “normale”. Una narrazione che dice: se sei disabile ti accettiamo, ma a patto che tu faccia cose straordinarie, che tu sia estremamente intelligente, che tu eccella nello sport, che tu sia una super-disabile.

Il grosso problema di questo tipo di argomentazioni è che non si può sostenere l’inclusione solo perché potremmo perdere il prossimo Stephen Hawking. Questo punto di vista trascura la realtà della stragrande maggioranza delle persone disabili che, esattamente come la maggioranza delle persone non disabili, non sono geni e hanno diritto a vivere vite significative e piene, indipendentemente dal raggiungimento di traguardi accademici o professionali eccezionali. La scuola inclusiva non è preziosa solo per il potenziale genio nascosto in alcuni, ma perché riconosce il diritto di ogni individuo a partecipare pienamente alla vita della comunità scolastica.

Insomma, l’approccio proposto da alcune persone per contrastare i discorsi profondamente abilisti e discriminatori di Vannacci e di una parte della politica italiana, non solo è sbagliato nel proporre che la scuola debba essere inclusiva perché tra gli studenti disabili potrebbe nascondersi un genio della fisica, ma anche perché ignora il vero scopo dell’educazione e della scuola come istituzione sociale: insegnare la solidarietà, la cooperazione. La scuola dovrebbe essere il luogo dove apprendere la convivenza tra le persone, ciascuna con le proprie peculiarità e caratteristiche, non una palestra dove allenare la competitività e la discriminazione.

E comunque, piccola nota finale: anche l’esempio scelto non funziona. Se Hawking fosse bambino oggi, non frequenterebbe una scuola speciale perché ricevette la diagnosi di malattia degenerativa del motoneurone a 21 anni, e ci vollero altri anni fino a che i sintomi non gli impedirono di parlare e muoversi. Insomma, prima della diagnosi aveva già iniziato il PhD.

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