Il senso dell’orgoglio

Una manifestazione dell'orgoglio gay (immagine da Pixabay) in cui tante persone per la strada sventolano bandiere arcobaleno

Il 28 giugno del 1969, iniziò la rivolta di Stonewall in seguito a un raid della polizia allo Stonewall Inn, un club gay di Greenwich Village a New York. Un’anno dopo, il 28 giugno del 1970, in diverse città degli Stati Uniti si celebrarono le prime marce dell’orgoglio gay, i primi gay pride. Da allora sono trascorsi 54 anni, ma per molte persone sembra ancora difficile comprendere il significato della parola orgoglio in riferimento alla lotta per i diritti delle minoranze.

Orgoglio di che? mi hanno domandato diverse persone dopo aver pubblicato qualche giorno fa un post in occasione della giornata dell’orgoglio autistico. Cosa c’è da essere orgogliosi?, chiedevano, che brutta parola, orgoglio, sentenziavano. Una persona ha paragonato tutte le giornate dell’orgoglio a dei “fenomeni da baraccone” scrivendo che (cito testualmente dallo screenshot che ho fatto prima di bloccarla): “In quest’epoca in cui siete tutti così meravigliosamente ‘inclusive’ gay, transessuali, transgender, intersessuali, gender fluid, gender queer, non-binari, pansessuali etc.; ho il diritto di abbandonarmi a qualunque parafilia; ho il diritto di sposare il mio cane o di innamorarmi del mio frigorifero; ho il diritto di procurarmi dei figli fatti in serie con gli uteri altrui; poi però non posso esprimere cosa penso…?”.

Questa accozzaglia di assurdità e offese gratuite non rappresenta purtroppo un pensiero isolato. E allora cerchiamo di capire perché oggi è ancora fondamentale parlare di orgoglio, manifestare con orgoglio il proprio essere, pretendere (sì, pretendere) pari diritti e opportunità; cerchiamo di capire perché ancora oggi, nel 2023, dopo anni di lotte, non bisogna abbassare la guardia davanti a certi discorsi, a un pensiero disordinato e discriminatorio frutto di disinformazione e di disprezzo per l’altrə.

Negli Stati Uniti, solo quest’anno, sono state presentate oltre 520 proposte di legge anti-LGBTQIA+, delle quali oltre 220 in modo specifico contro le persone transgender. Inoltre, sempre nei democratici Stati Uniti “quest’anno sono state emanate un record di 70 leggi anti-LGBTQ, tra cui:

  • Leggi che vietano l’assistenza ai percorsi di riaffermazione del genere per giovani transgender: 15
  • Leggi che richiedono o consentono il misgendering (non riconoscere l’identità di genere) di studenti transgender: 7
  • Leggi che prendono di mira le performance drag: 2
  • Leggi che creano una giustificazione per discriminare: 3
  • Leggi che censurano il curriculum scolastico, compresi i libri: 4”[1]

E in Europa non è che vada meglio, con paesi come la Polonia, dove nel 2019 è partita la vergognosa iniziativa di dichiarare zone del territorio polacco libere da quella che viene definita ideologia LGBT (le LGBT free zones)[2]. Oppure l’Ungheria, che ha votato una legge per criminalizzare chiunque “diffonde le proprie relazioni sessuali – devianze – con un’altra persona dello stesso sesso, o altri disturbi del comportamento sessuale, davanti al grande pubblico”[3], e che in una legge a protezione dei whistleblowers (su cui la presidente Katalin Novak ha inaspettatamente posto il veto) ha infilato una frase che avrebbe permesso ai cittadini di “denunciare in forma anonima le coppie dello stesso sesso che crescono insieme i figli per violazione del ‘ruolo costituzionalmente riconosciuto del matrimonio e della famiglia’”[4]

Tutto questo senza contare la settantina di paesi sparsi per il mondo in cui i rapporti omosessuali sono criminalizzati e gli 11 stati nei quali l’omosessualità può essere condannata con la pena capitale[5]

Non è che ci sia da stare tanto allegri in Italia, con l’aria che tira ultimamente. Nell’ultimo rapporto[6] sulla tutela dei diritti e sulle discriminazioni delle persone LGBTQIA+ stilato da Ilga Europe (organismo non governativo che raccoglie oltre 500 associazioni sparse tra Europa e Asia) l’Italia è finita più indietro perfino dell’Ungheria, passando dal 33esimo posto (che su 49 già non era proprio il massimo) al 34esimo. E la classifica è stata stilata prima che il governo italiano bloccasse la registrazione delle figlie e dei figli di coppie omogenitoriali, per cui chi lo sa, magari nel prossimo rapporto riusciremo a fare ancora peggio.

L’atto politico di escludere le persone LGBTQIA+ attraverso leggi che le privano di alcuni diritti invece garantiti alla maggioranza, o che addirittura criminalizzano gli orientamenti non eterosessuali o le identità di genere non binarie o diverse da quelle attribuite alla nascita, oltre a creare dolore e sofferenza, a creare cittadine e cittadini di serie A e serie B, ha un effetto che sul lungo termine è estremamente pericoloso: l’invisibilizzazione.

Lo stato di paura e di instabilità, la preoccupazione di perdere o non trovare lavoro o per la propria incolumità anche fisica, la stigmatizzazione, tutto questo porta le persone a nascondersi, a diventare sempre più invisibili, oltre a togliere loro dignità. E nel frattempo, a poco a poco ci si abitua a una società in cui è “normale” ascoltare anche cariche politiche e personaggi pubblici fare discorsi che incitano all’odio verso il prossimo.

Ci abituiamo a vivere in una società nella quale le persone LGBTQIA+ sono meno visibili, escono dalla narrazione comune, diventano errori di percorso. La segregazione, che è ciò a cui puntano coloro che portano avanti questi discorsi sempre meno velatamente eugenetici, serve a mantenere con la forza e con la paura la supremazia di una parte della popolazione su un’altra, a stabilire modi di essere sani e altri deviati. La segregazione serve ad annientare chi viene percepitə come differente quando le differenze invece di essere vissute come naturali sono spacciate per difetti, errori, deviazioni pericolose da cui proteggersi, malattie contagiose da eliminare.

Ecco a cosa servono le giornate dell’orgoglio, le manifestazioni, le proteste, e anche le parate. Servono a non retrocedere, a esserci, a mostrarsi al mondo e a farlo con orgoglio, anche con allegria perché il divertimento è un antidoto all’odio di chi ci vorrebbe invisibili, impauritə e tristi, contro ogni pregiudizio, contro chiunque voglia mettere in discussione la dignità delle persone, di tutte le persone. Oggi, e ogni giorno dell’anno, con orgoglio rivendichiamo il nostro essere.

NOTE
[1] https://www.hrc.org/press-releases/roundup-of-anti-lgbtq-legislation-advancing-in-states-across-the-country
[2] https://en.wikipedia.org/wiki/LGBT-free_zone
[3] https://en.wikipedia.org/wiki/Hungarian_anti-LGBT_law
[4] https://intellinews.com/hungarian-president-vetoes-controversial-anti-lgbt-law-276655/
[5] https://www.thepinknews.com/2023/05/17/lgbtq-death-penalty-idahobit/
[6] https://www.rainbow-europe.org/country-ranking

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