Cambiamenti e resistenze

Sullo sfondo un mappamondo. In primo piano, un gruppo di pupazzetti di diverse etnie

Da quando poco più di due anni fa è uscito Eccentrico, ho cominciato a pensare alla diversità in un modo nuovo, e mi si è aperto un mondo. Prima era una sensazione, quella di essere diverso, che riguardava solo me; i miei pensieri sull’argomento erano diretti a comprendere la mia diversità, non quella delle persone intorno a me.

Dall’uscita del libro ho cominciato a parlare con tante persone e mi ha colpito quanto questa categoria che chiamiamo superficialmente diversità non sia poi così piccola né abbia nulla di “speciale”. In realtà, se ci riflettiamo, la normalità – quel costrutto artificiale nato verso la metà del 1800 per catalogare le persone in buone e cattive, sane e malate, alte e basse, adatte o non adatte al lavoro, abili e dis-abili – è in realtà essa stessa una sotto categoria dell’immensa diversità che ci raccoglie tuttǝ e non il contrario, come ingenuamente tendiamo a credere.

È un’illusione che ci viene venduta a caro prezzo, quella della normalità. Tuttǝ aspiriamo a rientrare in questo gruppo, eppure nessunǝ di noi si accorge che ciò che crediamo essere una maggioranza di persone tutte perfette, senza disabilità né dubbi sul proprio orientamento sessuale o sul genere di appartenenza, questo gruppo di individui teoricamente tutti simili, in realtà è solo una parola. Quel gruppo, nella realtà, non contiene nulla perché se ci osserviamo tuttǝ più da vicino e ci guardiamo dentro per quello che siamo, noteremo che nessunǝ è realmente normale.

Certo, mi si può dire, però ci sono determinati parametri oggettivi da prendere in considerazione. E infatti nessuno nega che, scelti arbitrariamente questi parametri, basta fare un po’ di statistiche e voilà, signore e signori, ecco la normalità. Non è normale ad esempio camminare per la strada a testa in giù, e nemmeno è normale mettersi a cantare a squarciagola nel cuore della notte perché lo fanno pochissime persone. Già, ci sono tante cose che potrebbero non essere normali adesso. Ma dipende da quali parametri scegliamo per crearla ogni giorno, questa normalità, e questi parametri non sono poi così oggettivi, diciamo invece che vengono scelti in modo piuttosto arbitrario. E poi cambiano, i parametri che creano la normalità, cambiano col tempo, cambiano a seconda di dove ci troviamo; mutano sotto la spinta di quelle trasformazioni inarrestabili a cui va costantemente incontro la nostra società, creatura complessa che non smette mai di evolversi.

E infatti, fino a qualche decennio fa non era mica normale che una donna potesse votare, anzi, era proibito. O che due persone dello stesso sesso biologico potessero dichiarare apertamente il loro amore e affittare insieme un appartamento. E non era normale nemmeno che un autisticǝ parlasse per affermare il proprio diritto a rappresentare se stessǝ. Tante cose fino all’altro ieri non erano normali perché i confini della normalità sono mobili, mentre siamo noi con le nostre convinzioni a rimanere immobili, agganciati a quelle idee con cui siamo cresciuti; siamo noi a non voler rinunciare al panorama che eravamo abituati a guardare dalla nostra finestra[1]. Eppure la finestra della vita alla quale siamo affacciatǝ si sposta un po’ ogni giorno, così poco che nemmeno ce ne accorgiamo, finché il panorama non è completamente cambiato e di quello vecchio – a cui non avremmo mai voluto rinunciare – nemmeno ce ne ricordiamo più. E siamo finitǝ in una nuova normalità.

I problemi sorgono quando arriva qualcunǝ a farci notare il cambiamento in corso. Ogni tanto unǝ rompiscatole schiocca le dita davanti ai nostri occhi, svegliandoci da quello stato di trance nel quale la vita ci passa davanti senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Ed è a quel punto che ci prende la paura del cambiamento e vogliamo tornare indietro al panorama iniziale, perché lì non ci sono sorprese, quella normalità lì noi la conosciamo.

Ma la società cambia, e oggi lo fa a un ritmo sempre più veloce grazie all’aiuto della tecnologia. Nuove realtà sociali rivendicano attenzione e diritti, e anche quelle realtà che esistono già da tempo ma prima non avevano i mezzi per farsi sentire, oggi possono farlo. Siamo tuttǝ diversǝ, ciascunǝ di noi è un complesso miscuglio di caratteristiche e ognunǝ ha il diritto di essere ascoltatǝ, di provare a realizzare le proprie aspirazioni, di essere rappresentatǝ nel modo che ritiene coincidere con la propria identità.

La società si evolve da quando la nostra specie è comparsa sulla terra e abbiamo cominciato a unirci in gruppi per collaborare, e con essa si trasforma la lingua che parliamo in quanto strumento di comunicazione che deve necessariamente aggiornarsi per rappresentare la realtà[2]. Ci piaccia o no, nuove parole e nuovi modi di utilizzare quelle vecchie arriveranno ed è sempre stato così, altrimenti staremmo ancora a comunicare a urla e mugugni. Basti pensare che lo stesso concetto di normalità come lo intendiamo oggi, quello che difende a spada tratta chi si oppone al cambiamento, è entrato a far parte delle nostre vite da poco più di 150 anni, insomma, è stato parte di un cambiamento anche quello.[3]

In questa continua evoluzione, nell’emersione sempre più chiara dell’intersezionalità delle caratteristiche umane, di quelle differenze così importanti che rendono unicǝ ciascunǝ di noi, il concetto di diversità si manifesta chiaramente come la realtà, mostrando con sempre maggiore chiarezza quanto il paradigma monolitico della normalità scricchioli davanti all’impossibilità di contenere la grande varietà dell’esperienza umana, faticando sempre più a stare dietro alla realtà.

NOTE:
[1] A proposito di finestre, suggerisco di approfondire il concetto di “Finestra di Overton”. Basta anche sulla pagina di Wikipedia qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Finestra_di_Overton
[2] Questo concetto è spiegato in modo estremamente chiaro nel libro “Potere alle parole” di Vera Gheno, ed. Einaudi
[3] Se volete saperne di più sulla creazione del concetto di normalità, potete leggere questo articolo: https://www.fabrizioacanfora.eu/il-concetto-di-normalita/

Leave a reply:

Your email address will not be published.

Site Footer