Questioni di orgoglio

foto di Simone Riflesso e Fabrizio Acanfora su sfondo arcobalenoGiugno è il mese dell’orgoglio LGBTQI+, e inoltre il 18 giugno ricorre la giornata dell’orgoglio autistico.

Una delle domande più frequenti che vengono poste a chi partecipa ai vari pride è proprio quale sia la necessità di esprimere questo sentimento di orgoglio, domanda spesso accompagnata da osservazioni polemiche su cosa ci sia da essere orgogliosə nell’essere gay, bisessuali o lesbiche, transgender o non binary o, ovviamente, per quale motivo una persona dovrebbe essere orgogliosa di essere autistica.

E allora, insieme a Simone Riflesso, abbiamo pensato di realizzare questa breve intervista doppia in cui rispondiamo brevemente a quattro semplici domande per spiegare, a chi non riesce a farsene una ragione, che sì, è possibile essere orgogliosə di sé, delle proprie identità e caratteristiche fisiche, sensoriali, neurologiche, del proprio genere e orientamento sessuale e di tutte le caratteristiche che ci contraddistinguono come persone. Orgogliosə di poter fare sapere al mondo, ciascuno a modo proprio, che esistiamo.

Cosa intendi per orgoglio?

Simone: Il modo più semplice per capire l’orgoglio è partire dal suo contrario: la vergogna. Tutti noi impariamo fin da piccoli che avere determinati corpi o menti è negativo, è sbagliato. Non siamo liberi. Ci viene insegnato come dovremmo essere per rientrare nell’ideale di normalità. Che per ottenere l’approvazione altrui, per essere accettatə, dobbiamo rispettare le aspettative sociali. Rientrare in determinati canoni. Che dimensioni e colori dovrebbero avere i nostri corpi, come dovrebbero funzionare e muoversi, apparire e comportarsi in base al genere percepito. Il nostro valore si forma sulla valutazione delle nostre performance fisiche e mentali in relazione a quelle degli altri. Capire di non rientrare nella norma ci fa sentire sbagliati. Rifiutare il giudizio altrui in base alle aspettative che vengono proiettate su di noi, rifiutare di sentirci sbagliati, di vergognarci, è quello che si chiama orgoglio.

Fabrizio: Orgoglio per me significa sentirmi meritevole di pari dignità rispetto agli altri. Poter essere di chi sono, non dovermi vergognare delle identità che mi caratterizzano come persona; significa poter liberamente esprimere le mie caratteristiche per quello che sono, senza dovermi nascondere o cercare di apparire “normale”.

Che senso ha oggi manifestare il proprio orgoglio?

S.: Chi non ha motivo di essere orgoglioso di quello che è, chi non ne comprendeil senso, è perché vive in un mondo costruito apposta per lui, in cui può sentirsi comodo e a proprio agio, senza fare nessuna fatica. Ecco il motivo dell’orgoglio: la fatica. Il lavoro necessario ad affrontare ogni giorno gli sguardi altrui, quegli sguardi che vogliono farti sentire sbagliato. Inferiore, sotto controllo. Fuori norma.
Sarà necessario manifestarlo fino a quando sarà difficile vivere da “diversi”. Fino a quando affrontare gli sguardi ostili sarà una fatica che non potremo risparmiarci. Fino a quando ci verrà chiesto di lavorare costantemente su noi stessi, e costruire una corazza per affrontare il mondo là fuori.

F.: Ha il senso di sempre, e cioè ricordare che alcune persone hanno subìto e continuano a subire oppressione, che non godono di pari opportunità e diritti in tanti ambiti della vita come nell’istruzione o sul lavoro, che spesso sono invisibili e proprio per questo serve ricordarne l’esistenza anche manifestando ciascuno a modo suo l’orgoglio di appartenere a gruppi minoritari, gridando appunto: siamo differenti, ma non per questo valiamo meno di voi!

Essere ogrogliosǝ può considerarsi un privilegio?

Simone: Per ribellarsi al giudizio altrui serve sapere di essere al sicuro. Vuol dire avere una certa indipendenza, sapere che non ci saranno ripercussioni, che non si rischiano abusi né violenze. Purtroppo non è una garanzia, soprattutto quando le persone dipendono fisicamente ed economicamente da qualcuno, come dalla propria famiglia o da un partner.

Fabrizio: Non è facile sentirsi orgogliose e orgogliosi delle proprie caratteristiche, soprattutto in una società che spinge a nascondere quelle che divergono dalla maggioranza. Essere orgogliosi richiede quindi prima di tutto liberarsi della discriminazione interiorizzata, dal senso di inadeguatezza che la società subdolamente impone a chiunque percepisce come differente.

In che modo lo esprimi nella tua quotidianità?

S.: Dobbiamo tenere a mente che non siamo liberi. Che a chiunque è richiesto di calzare un ideale per essere giudicato degno di valore e dignità. La vera libertà è la ribellione a questo ideale. A alta voce, anche per chi non può manifestare orgoglio. Anzi, se possibile, allungandogli una mano.

F.: Non è facile, perché spesso ci si sente sopraffatti dallo squilibrio di potere di una maggioranza che spinge verso la normalizzazione, il conformismo dei comportamenti, che richiede corpi e menti performanti in una società strutturata però da e per persone “abili”, “normali”. Personalmente ci provo con ogni pensiero, con ogni azione o parola, affinché le persone comprendano il valore delle differenze e smettano di considerare inferiore chiunque sia diverso da loro, da una norma irreale, artificiale e schiacciante.

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