Passeggiando ieri pomeriggio per una stradina di Montjuic, a Barcellona, mi sono imbattuto in questa scritta: l’eterosessualità non è normale, è comune.
Nel mio libro, In Altre Parole, spiego dettagliatamente la storia (piuttosto recente, circa 150-170 anni) del concetto di normalità, ideale legato a un particolare periodo storico, e le conseguenze nefaste dell’associazione normale=giusto e non normale=sbagliato. E suggerisco anche di cominciare a utilizzare gli aggettivi “abituale” o “comune”, quando possibile ovviamente, come alternativa a “normale”. Perché esprimono concetti ma soprattutto impressioni, sentimenti e giudizi differenti.
Una cosa o una persona comune “non esce dall’ordinario o non ha nulla di singolare” e il suo contrario è quindi una persona o una cosa singolare, straordinaria.
Ma una normale è quella persona che “segue la norma, conforme alla norma”. E soprattutto chi (o cosa) non è normale è anormale ossia, sempre secondo il vocabolario Treccani: “non segue la norma e le leggi naturali”.
Ora vorrei vedere chi preferirebbe essere definitə anormale, con lo stigma che questa definizione si porta dietro, rispetto a singolare, atipico, insolita. L’esercizio è banale, davvero semplice ma efficace, basta immaginare come ci sentiremmo se certe parole fossero utilizzate per descrivere noi. Tutto qui.