Autismo, disinformazione ed esclusione

Stamattina, in un gruppo Facebook sull’autismo, è stato pubblicato un video delle Iene di più di un anno fa. Nel post, si faceva riferimento ai commenti di un utente sulla pagina Facebook delle Iene che, tra l’altro, dice di essere laureato in psicologia e di aver lavorato con autistici.

Incuriosito, sono andato a vedere di cosa si trattasse, e immediatamente è partito l’attacco di gastrite.

Il primo commento del nostro amico psicologo, che riporto integralmente, dice: “Ho conosciuto 2 ragazzi universitari con sindrome di asperger: insopportabili, presuntuosi, saccenti, sempre pronti a correggerti ma, quando lo fai tu con loro, vanno fuori di testa”.

A questa, che considero una considerazione personale discutibile e di cattivo gusto, risponde un altro utente che spiega: “autistici o disabili intellettivi si può diventare anche da grandi, non solo si nasce con questa condizione

E già abbiamo la prima chicca, perché sappiamo molto bene che autistici non si può diventare anche da grandi: autistici si nasce. Quello che può accadere, e che è spiegato nel manuale diagnostico di riferimento (DSM-5), è che in alcuni casi i comportamenti caratteristici dell’autismo non si manifestino immediatamente ma diventino evidenti quando le capacità di mascherarli non riescono a far fronte alle crescenti richieste sociali: “I sintomi devono essere presenti nell’infanzia, ma possono manifestarsi pienamente solo quando le richieste sociali eccedono le capacità limitate”[1].

Ma il nostro psicologo, che dice di essere specializzato in autismo, prosegue nel voler spiegare al mondo (compresi noi autistici) cosa sia l’autismo, atteggiamento presuntuoso e saccente non molto diverso da quello che egli attribuisce proprio a noi autistici nel primo commento, e scrive: “i peggiori sono proprio gli asperger: spesso ad alto funzionamento e con capacità brillanti, le usano per imporsi a spese di educazione e socialità (classico in ogni spettro di disabilità, grazie a quei genitori che li crescono come principi e consentono loro tutto). Sanno benissimo le regole sociali, cosa dovrebbero fare per vivere con gli altri, ma l’egocentrismo e l’egoismo li porta a voler ciò che vogliono senza discussione. Le forme di autismo media e gravi invece, anche nel caso di leggero ritardo mentale (80-100 di qui) e sotto cura farmacologica per evitare scatti di ira ed autolesionismo, sono invece molto più gestibili e mansueti, educati soprattutto”.

Per controbattere a questa marea di sciocchezze e luoghi comuni cominciamo da un’inesattezza: “…gli asperger: spesso ad alto funzionamento…”. La sindrome di Asperger, come ho già spiegato in altri post, è stata eliminata come entità diagnostica autonoma e assimilata allo spettro autistico e coinciderebbe proprio con l’autismo ad alto funzionamento, dal quale in precedenza si differenziava per un dettaglio: nell’Asperger non sono presenti ritardi nello sviluppo del linguaggio verbale.

Dire che l’asperger è “spesso” ad alto funzionamento implicherebbe quindi l’esistenza di un asperger a basso funzionamento il che, a sua volta, sarebbe come dire che esiste un autismo ad alto funzionamento che è contemporaneamente a basso funzionamento.

Ma il meglio arriva quando il genio scrive che noi asperger conosciamo perfettamente le regole sociali ma, per egoismo ed egocentrismo, facciamo un po’ il cavolo che ci pare. E questo accade, sempre secondo il nostro luminare, con qualsiasi forma di disabilità e per colpa dei genitori che crescerebbero noi poveri disabili come dei principini.

Quando dico che la cura del linguaggio è fondamentale perché altrimenti si possono veicolare idee sbagliate che poi si trasformano in azioni (discriminazione, esclusione, sofferenza, ad esempio) mi riferisco a questo.

Concediamo a un individuo del genere il beneficio del dubbio e supponiamo che davvero non si renda conto della marea di scemenze che sta scrivendo. Ma confondere delle differenze neurologiche con dei capricci è inammissibile, e lo è ancora di più se a farlo è qualcuno che (sempre che i titoli millantati siano reali) lavorerà nel campo della salute mentale.

È possibile che gli autistici e gli altri disabili (come se non esistessero differenze, ma lasciamo perdere) comprendano le regole sociali, il problema infatti non necessariamente sta nella comprensione, ma nella possibilità e nella necessità di applicarle. Stiamo parlando di regole sociali che, ad esempio, vorrebbero che un bambino con ipersensorialità debba rimanere seduto in silenzio per ore a scuola anche quando il suo sistema nervoso sta andando in cortocircuito a causa di un sovraccarico sensoriale, emotivo o cognitivo.

Sarebbe un comportamento egoista la richiesta di metodi di insegnamento che si adattino a un differente stile cognitivo per poter avere le stesse possibilità degli altri alunni? Oppure la necessità di poter gestire la socialità in modo da non andare incontro a sovraccarichi e crisi che avvengono fuori dal proprio controllo? È egocentrismo oppure una differente organizzazione del sistema nervoso, come ci dice la scienza? E i genitori cosa c’entrano? Confondere un bambino “viziato” con una persona che ha problemi oggettivi nello svolgimento della propria quotidianità perché ha un modo differente di percepire ed elaborare il mondo non solo è sciocco e superficiale, ma un vero e proprio insulto a tutte quelle persone (e ai genitori di queste persone) che ogni giorno cercano di muoversi nel mondo superando difficoltà e dolore causati proprio da preconcetti come questo. E si tratta di idee offensive che mostrano una chiara carenza di empatia (quella che poi noi autistici secondo certe persone non avremmo) che sono fin troppo diffuse.

L’ultima parte del commento è semplicemente disgustosa. Sostenere che gli autistici da lui definiti più gravi e in cura farmacologica siano più mansueti, come fossero bestioline da ammaestrare, chiarisce alla perfezione il pensiero di una parte della popolazione (minoritaria, spero, ma sempre troppo grande e dannosa per la società) che vede fastidioso e difettoso qualsiasi comportamento che non rientri tra quelli stabiliti come “normali”.

Il vocabolario Treccani alla voce mansueto scrive: “Docile, mite e trattabile, che non ha natura aggressiva o violenta; è detto generalm. di animali domestici: l’agnello, la pecora, il bue sono fra gli animali più m.; e anche di animali non domestici per indicare un loro stato non abituale: Orfeo facea con la cetera mansuete le fiere (Dante)”. Eppure qui stiamo parlando di persone che semplicemente differiscono da canoni di comportamento tra l’altro estremamente mutevoli nel tempo.

Quindi, riassumendo, secondo il nostro sedicente psicologo, gli autistici con maggiore capacità di interazione sarebbero semplicemente degli individui viziati da genitori permissivi, dei gran rompiballe che andrebbero addestrati a stare al mondo.

Tutti quei comportamenti che da decenni un gran numero di ricercatori studia e che oggi sappiamo essere il frutto di una condizione del neurosviluppo (dello sviluppo del sistema nervoso, non dell’educazione) sarebbero capricci da correggere. E infatti, sempre secondo “l’esperto in autismo”, gli autistici “gravi” e messi sotto psicofarmaci sono “mansueti” ed educati ossia, che se proprio non vogliono imparare a comportarsi da persone normali, almeno non rompano le balle coi loro capricci.

Badate bene, questo non è un caso isolato. Con persone che pensano cose simili io ci ho avuto a che fare e, credetemi, non è facile soprattutto perché fa male sapere che se non fosse per individui così insensibili, ignoranti e razzisti, una parte enorme delle difficoltà e delle disabilità dei “diversi” come noi non esisterebbe.

Riflettere prima di scrivere anche solo un banale commento su Facebook, è un atto di responsabilità perché spesso quello che scriviamo verrà letto da qualcuno che potrebbe soffrirne, e anche perché è molto facile diffondere falsità che contribuiranno ad aumentare l’esclusione senza senso di chi ha come unica colpa il non appartenere a una maggioranza sulla base di parametri effimeri e arbitrari.

NOTA:

[1] American Psychiatric Association: Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition. Arlington, VA: American Psychiatric Association, 2013.

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