Viaggi

L’ansia solitamente comincia una settimana prima di intraprendere un viaggio.

Basta pensare anche solo per un istante: tra una settimana sarò in viaggio, perché quel senso di panico cominci a farsi strada nelle mie viscere. E’ una cosa sottile, e aumenta col passare dei giorni fino al momento della partenza.

Ecco, tra esattamente due ore dovrò uscire di casa per andare all’aeroporto. Da lì, salirò su un aereo che mi porterà a Milano per un evento che ci sarà domenica in occasione della giornata mondiale della sindrome di Asperger, e poi lunedì Bologna, martedì, Ferrara, mercoledì Firenze, giovedì Roma: ogni giorno una città in cui presenterò Eccentrico (cliccare qui per le date).

In teoria, a sentire tutte le persone che conosco, dovrei essere felice, vado a presentare il mio libro, è una gran figata, e poi vuoi mettere, un bel viaggetto, ogni giorno una città diversa, gente nuova. Ogni notte dormirai a casa di qualcuno, ogni giorno sarai in qualche posto che comunque non è casa tua. E gli orari sballati, le strade sconosciute… a questo punto io sono già nel panico più totale.

C’è poco da fare, inutile tentare di razionalizzare, è sempre stato così fin da quando ero un bambino. Lasciare la mia routine meravigliosa, le mie splendide, rassicuranti abitudini quotidiane e le persone e i luoghi conosciuti fa scattare in me una profonda sensazione di perdita, di nostalgia anticipata per quella vita che – anche se solo per pochi giorni – mi circonda quotidianamente con tranquilla monotonia.

Questa storia è un po’ come socializzare: io vorrei pure che mi piacesse, ma proprio è una cosa che non sopporto, e mi costa davvero molta fatica.

A volte (specifico, a volte) mi piacerebbe essere come gli altri e desiderare quello che loro desiderano, essere capace di provare piacere in situazioni per loro normali come stare insieme a tanta gente e parlare di cose inutili, andare a fare shopping o viaggiare.

Quando cominciai a studiare clavicembalo in Olanda, prima di trasferirmici definitivamente, andavo a lezione dal mio insegnante che viveva ad Amsterdam quasi ogni mese. E sistematicamente, qualche giorno prima della lezione, piombavo in uno stato di agitazione che credo qualsiasi neurotipico sopporterebbe forse solo per dieci minuti prima di prendere a capocciate il muro.

La decisione di andare a vivere ad Amsterdam per fermare questo strazio mi sembra abbastanza ovvia. Tranne che poi, dopo sei anni di grigio, freddo e cucina olandese, ho deciso di spostarmi a Barcellona. Ma questa è un’altra storia.

Senso di perdita, abbandono, terrore all’idea di non conoscere le strade (perché io non ho senso dell’orientamento. Ma nel senso che proprio non riesco a definire la mia posizione nello spazio, a leggere una mappa come fanno normalmente le persone. Riesco a perdermi perfino seguendo l’itinerario su Google Maps), panico allo stato puro, quello che ti lascia il fiato corto, il cuore che cerca di saltarti fuori dalla gola e i sensi iperattivi. Il minimo rumore e salto come una molla, la minima parola fuori posto e ti salto al collo.

E poi non avrò il mio pianoforte a disposizione, un clavicembalo, niente! La musica, suonare, l’unica attività che ha il potere di farmi sentire bene, di rilassarmi, regolare le mie emozioni… per una settimana non so se riuscirò a suonare. Basterebbe questo per decidere di non partire più. E in effetti, il pensiero ricorrente in questi momenti è: cancella tutto, resta a casa a suonare,  a leggere, puoi fare una passeggiata al parco, rilassarti… E’ un pensiero difficile da contrastare quando l’ansia ti mangia da dentro e vorresti solo un attimo di tranquillità.

Tra un’ora e mezza uscirò di casa. Avrò sicuramente l’aria di un condannato al patibolo, di uno a cui è appena morto il gatto; sentirò il cuore che mi sbatte sullo sterno veloce e forte, una sensazione che non aiuta a rilassarsi. Perché poi, la cosa peggiore di questi momenti, è che si entra in un circolo vizioso, l’ansia alimenta altra ansia che alimenta ansia…

Preparare la valigia è un’operazione facile, dal momento che il mio abbigliamento è forse più monotono della mia routine quotidiana. Jeans, maglioni con scollo a V grigio, blu e nero (tinta unita, ovviamente), calzini rigorosamente tutti neri, mutande tutte uguali, magliette nere, grigie, blu scuro. Credo che evitare di dover perdere tempo nella scelta dell’abbigliamento giusto sia una strategia di sopravvivenza. Tutte le volte che ho provato a vestirmi in modo meno palloso sono uscito di casa che sembravo un pagliaccio, quindi per sicurezza meglio evitare

Adesso è meglio che vada a prepararmi. Se qualcuno volesse passare a salutarmi, può dare un’occhiata alla pagina facebook di Eccentrico. Mi farebbe davvero piacere vedervi!

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