La giornata mondiale della “sindrome del rispetto delle differenze”

Oggi, 18 febbraio, è la giornata mondiale della sindrome di Asperger.

Nonostante la definizione di “sindrome di Asperger” sia ormai scomparsa dai manuali diagnostici (nel 2013 il DSM-5 l’ha eliminata accorpandola ai disturbi dello spettro autistico, e lo stesso accade ora nell’ICD-11), molte persone, soprattutto diagnosticate con Asperger, preferiscono continuare a utilizzare questa definizione.

Non voglio entrare nel merito della questione in questo post, la cosa richiederebbe un articolo a parte, anche se personalmente penso che le diagnosi di condizioni come l’autismo, che si basano essenzialmente sull’osservazione, siano soggette a una certa flessibilità proprio perché si tratta di interpretazioni che possono subire cambiamenti dettati da influenze culturali, economiche e politiche.

In occasione della giornata mondiale della sindrome di Asperger, l’Associazione Spazio Asperger ONLUS ha organizzato ieri a Milano una conferenza, alla quale sono stato invitato a partecipare portando il mio contributo in quanto musicista asperger.

Devo dire che per me è stata un’esperienza meravigliosa. Mi sono trovato per la prima volta immerso in una realtà differente, circondato da persone che sotto molti punti di vista condividono il mio stesso modo di relazionarmi al mondo, persone le cui aspirazioni e i cui problemi in larga misura coincidono con i miei.

Cosa spero abbiano appreso i neurotipici che hanno assistito alla manifestazione? Che gli stereotipi sono quasi sempre sbagliati.

Prima di tutto, ieri è stato evidente che le persone nello spettro autistico non sono asociali, come spesso vengono definite. Eravamo in 300 e non ho assistito a scene di panico, meltdown o crisi varie. Tutt’altro. Poi, ascoltando i tanti interventi dei vari Aspie presenti, ci si sarebbe accorti che, ciascuno con le proprie peculiarità, siamo perfettamente in grado non solo di comunicare, ma anche di coinvolgere l’ascoltatore. Un’altra cosa estremamente evidente è che siamo persone creative. Tant’è che la manifestazione ruotava proprio intorno al tema della creatività. Ho potuto assistere a interventi che hanno trattato di teatro, illustrazione, musica (eheh, quello ero io…). C’è stato chi ha condiviso la propria esperienza professionale come sviluppatore di software e apps, chi ha recitato. C’era anche tanta ironia, cosa di cui spesso siamo ritenuti privi.

Ma il messaggio principale, il cuore di questa giornata di condivisione di esperienze e interessi, è stato uno: il rispetto per le differenze.

Già all’entrata venivano distribuiti badge che ciascun assistente poteva esporre, in cui si specificava la modalità di interazione preferita. Ad esempio, un badge color verde con la scritta “disposto a parlare”, o quello che ho scelto io, in rosso con la scritta “no contatto fisico, no abbracci”.

Agli occhi di un neurotipico potrà apparire un’esagerazione, ma la questione è che tra di noi sappiamo quanto importante sia il rispetto delle necessità di ognuno, l’assenza di giudizio e la comprensione delle differenze.

Che il rispetto per la diversità di ciascuno fosse il filo conduttore della giornata si è visto anche dalla naturalezza con cui ciascun relatore ha presentato il proprio intervento. Ognuno a modo suo, col suo tono di voce, con le sue stereotipie, utilizzando i canali più naturali di comunicazione. Mai in vita mia mi sono sentito così tranquillo nel parlare in pubblico. E questo mi ha fatto capire che in generale, l’ansia che spesso precede ogni lezione o conferenza che ho dato, non è altro che il timore di essere giudicato per quello che sono, e non per cosa dico.

Rispetto degli spazi: ero seduto in seconda fila insieme ad alcune persone conosciute la sera prima a cena, ma dopo pochi minuti ho sentito il bisogno di alzarmi e ascoltare nascosto in fondo alla sala. E non se l’è presa nessuno, anzi, è parsa la cosa più naturale del mondo.

E’ stato bello vedere come le persone si salutavano, domandandosi “posso stringerti la mano?” oppure “posso abbracciarti?”.

Vedete, è curioso come all’interno di una piccola minoranza (le stime parlano dell’1,7% della popolazione diagnosticata come autistica) fosse presente una gran varietà di comportamenti, modalità di pensiero, di espressione dell’affettività. Questo mi ha fatto molto riflettere su quanto la maggioranza neurotipica sia invece spesso guidata dalla necessità di uguaglianza, di omologazione. Ed è forse per questa loro innata necessità di sentirsi uguali tra loro, che i neurotipici credono di dover “normalizzare” noi neurodiversi, pensano che non possa esistere felicità senza omologazione.

Adesso non vorrei essere frainteso, non è mia intenzione far passare gli autistici per degli angioletti, delle persone meravigliose, pure e senza difetti. Ci sono autistici stronzi, egoisti, menefreghisti, proprio come ci sono neurotipici rispettosi delle differenze. Quello che vorrei trasmettere è semplicemente che, forse proprio a causa delle difficoltà vissute e della necessità di essere noi stessi, ieri ho assistito a una grande manifestazione di inclusione, di rispetto per l’altro. Una lezione che sarebbe sicuramente utile a una società che nel suo complesso, soprattutto negli ultimi anni, si sta chiudendo sempre più, mostrandosi insofferente verso ogni differenza, incapace di comprendere che solo dalla diversità possono nascere nuove idee.

Una breve comunicazione di servizio:
Oggi 18 febbraio, alle ore 19 ci sarà a Bologna, alla libreria Igor, la prima presentazione di Eccentrico.

Domani sarò invece a Ferrara, alla libreria Altrove. Per le altre tappe, seguitemi su Facebook!

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