Neurodiversità o Neurodivergenza?

Un banco di pesci disegnati su sfondo nero tutti bianchi che vanno verso destra e solo uno, al centro, azzurro che va a sinistra

C’è molta confusione su questa parola: neurodiversità.
Da una parte ci sono coloro che, comprensibilmente, si lasciano ingannare dai due termini che creano questo sostantivo: “neuro” e “diversità”, e pensano che la neurodiversità sia sinonimo di disturbo neurologico, di una specifica differenza come l’autismo o l’ADHD.
Dall’altra invece troviamo quelle persone che no, il cambiamento no, che sono adesso queste parole nuove? e insomma, siamo tutti unici però diversi però c’era davvero bisogno di un’altra parola per ingabbiare la diversità mentale?

Queste, dalla mia approfondita e variegata esperienza fatta di dibattiti, commenti ai post, articoli letti un po’ ovunque e messaggi e email e ogni altra forma di comunicazione scritta e orale, è la situazione riassunta all’osso.

E allora facciamo chiarezza, perché in realtà neurodiversità è una di quelle parole belle, utili, è uno di quei concetti che ci aiutano allargare la nostra visuale sulla diversità che ci contraddistingue come specie.

Per comprendere bene cosa significhi neurodiversità, dobbiamo partire dal concetto su cui essa si basa: la diversità. Nel mio libro In Altre Parole spiego in modo esaustivo che diversità non è un termine comparativo, non significa cioè diverso dalla norma, anormale. Diversità esprime la variabilità che rappresenta la condizione di base del mondo naturale.

Da questa idea di variabilità sono nate parole come bio-diversità, che dalla Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite (CBD, art. 2, § 6) è definita “variabilità tra gli organismi viventi di ogni origine compresi, tra l’altro, gli ecosistemi terrestri, marini ed acquatici e i complessi ecologici di cui sono parte; questo comprende la diversità in una stessa specie, tra le specie e quella degli ecosistemi”[1], oppure il suo omologo neurologico: neurodiversità.

La neurodiversità umana è quindi, prendendo come base la definizione di biodiversità, la variabilità tra i sistemi nervosi di ogni essere umano, l’insieme delle differenti caratteristiche che costituiscono la neurologia di ciascuna persona sulla terra. In pratica: siamo tutte neurodiverse, siamo tutti neurodiversi, siamo tuttǝ neurodiversǝ.

Questa parola così bella e liberatoria fu coniata nel 1998 dalla sociologa e attivista autistica Judy Singer, e da allora è stata oggetto di fraintendimenti e interpretazioni personali anche lontane da quello che, come ho appena spiegato, la sua creatrice intendeva. È buffo come siamo così poco abituati a ricercare le fonti di certe informazioni[2].

In questa enorme variabilità che contraddistingue i nostri cervelli, nella neurodiversità che accomuna tutte e tutti, esistono però determinate caratteristiche che sembrano presentarsi con una certa frequenza in alcune persone. Per la maggioranza della popolazione (circa l’80%) parliamo allora di sviluppo neurologico tipico, ferme restando le inevitabili e naturali differenze tra un individuo e l’altro, anche in questa generalizzazione.

Con Neurotipica, o neurotipico, intendiamo quindi la maggioranza, coloro che in una serie di caratteristiche hanno seguito uno sviluppo neurologico simile. Questo risulta in un modo abbastanza omogeneo di percepire gli stimoli interni ed esterni, di elaborarli e quindi in una certa uniformità (stiamo sempre generalizzando) nel modo di relazionarsi a se stessi e all’ambiente attraverso i comportamenti.

Il restante 20%, più o meno, rappresenta le cosiddette neurodivergenze o neuroatipicità, ed è composto da quelle persone che per un motivo o per un altro hanno seguito uno sviluppo neurologico più o meno differente rispetto alla media: il loro sistema nervoso, in alcune aree e in modi differenti da individuo a individuo, si è organizzato in modo atipico. In questa ideale categoria rientrano le persone autistiche, ADHD (deficit d’attenzione e iperattività), dislessiche, disprassiche, tourettiche, discalculiche, disgrafiche ecc.

Ecco, spero sia chiaro adesso, e spero soprattutto che un concetto così importante come quello di neurodiversità possa essere utilizzato sempre di più in modo corretto per esprimere la diversità neurologica tra una persona e l’altra, idea importante per cominciare a guardare alle neurodivergenze, come l’autismo, in quanto differenze e non deficit.

NOTE:
[1] www.cbd.int/convention/articles/?a=cbd-02
[2] Singer, J. What is neurodivesity? in «Neurodiversity 2.0», www.neurodiversity2.blogspot.com/p/what.html

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