L’autismo ai tempi del coronavirus

Scrive Repubblica: “NO alle strette di mano, ai baci, al dammi il cinque, e per carità no agli abbracci. Ai tempi del coronavirus le abitudini legate al saluto stanno cambiando in tutto il mondo.”

E sul sito dell’ANSA, veniamo informati che “Il primo passo, dunque, sarà sanitario, con una serie di indicazioni da dare ai cittadini. Gli italiani dovranno cambiare stile di vita almeno per 30 giorni. Niente strette di mano, niente abbracci, basta meeting e congressi, stop alle manifestazioni, anche a quelle sportive. Le partite di calcio, semmai, potranno avvenire solo a porte chiude.”

Come stiamo vivendo, noi autistici, i cambiamenti improvvisi che l’epidemia di coronavirus sta portando nelle nostre vite? La risposta non è così scontata perché, se da un lato molti di questi cambiamenti imposti dall’epidemia in corso sembrerebbero voler fare entrare la società intera, almeno per qualche giorno, in una sorta di modalità autistica , dall’altro la rottura delle routine può essere fonte di grande stress per un autistico.

Niente abbracci né strette di mano o baci, dicono i giornali, e io leggo e sorrido. Perché, alla mia avversione nei confronti degli abbracci, ho dedicato un intero capitolo del mio libro, Eccentrico; perché quando incontro qualcuno evito da sempre qualsiasi tipo di contatto fisico anche sul lavoro, tanto all’università lo sanno quasi tutti, che il coordinatore del master è autistico e non dà la mano né tanto meno bacia nessuno.

Potrebbe sembrare davvero il paradiso dell’autistico: isolamento, niente confusione per le strade, niente eventi affollati, zero contatto fisico e, in generale, una riduzione enorme della vita sociale. Eppure c’è un problema da non sottovalutare, e cioè che sebbene fino a pochi giorni fa ci lamentassimo della socialità neurotipica fatta di baci, abbracci, folla e troppe relazioni, il nostro mondo era comunque inserito in quel contesto. Le nostre attività quotidiane, settimanali, mensili, erano state incastrate, spesso con grande fatica, in quel mondo che funzionava in un determinato modo e che poteva non piacerci, ma era così.

Io stesso che, con uno sforzo compensato solo dalla gioia di poter aiutare a diffondere una cultura della neurodiversità, ero riuscito a far rientrare i viaggi in una sorta di routine mensile, ho dovuto cancellare tutti quelli che avevo in programma nei prossimi mesi e riorganizzare l’agenda, e sto tremando al pensiero che probabilmente anche qui a Barcellona, nel giro di qualche giorno, si arriverà alla chiusura delle università.

In particolare, immagino cosa possa significare per i bambini autistici e per i loro genitori il dover rinunciare improvvisamente alla scuola, alle attività pomeridiane, lo sport e le associazioni. E, poiché ogni tanto qualcuno mi ha fatto notare che “questo non capita mica solo agli autistici!”, preciserò che, come per la maggior parte delle cose che scrivo qui, alcuni aspetti sono sicuramente in comune con altre realtà e condizioni, compresa la neurotipicità. Ma, poiché per ovvie ragioni su questa pagina mi occupo di autismo, cerco di comprendere come determinate dinamiche (a volte anche condivise col mondo neurotipico) influenzino la vita delle persone autistiche.

L’aspetto dello scombussolamento delle routine non riceve sempre la necessaria considerazione, e vale la pena ricordare che le “routine” autistiche, la ripetizione di gesti e abitudini quotidiani, non sono un vezzo o un capriccio, ma sono necessari per tenere sotto controllo l’ansia generata dalla difficoltà di gestire i cambiamenti e gli imprevisti.

Bisogna quindi comprendere la differenza tra la normale preoccupazione di non sapere cosa accadrà nell’immediato futuro, e il panico. Io stamattina mi sono svegliato con un attacco di ernia iatale che mi spaccava il petto, e questo perché appena sveglio ho cominciato a domandarmi cosa succederà con i corsi all’università, come dovrò riorganizzare le mie giornate nelle settimane in cui, superando le mie difficoltà a viaggiare, prevedevo di andare in Italia per presentare il libro. Anche il pensiero che probabilmente nel giro di qualche giorno non non potrò sedere alla mia scrivania all’università, col caffè alla vaniglia della macchinetta appoggiato rigorosamente in alto a destra rispetto al laptop, mi ha letteralmente fatto mancare la terra sotto i piedi.

Ripeto perché vorrei fosse chiaro che non si tratta del fastidio o della seccatura di non poter fare alcune cose che fanno parte della nostra quotidianità, cosa normale per chiunque, ma del provare una sensazione di estremo spaesamento, la mancanza di appigli, in alcuni casi il non riuscire a prevedere come si affronterà il futuro anche solo per un cambiamento apparentemente insignificante come il ritiro dal mercato dei corn flakes di una marca particolare, perché sono gli unici con la consistenza ideale.

Sono proprio le cose a cui la maggioranza delle persone non presta quasi attenzione, a contare nella routine giornaliera di un autistico.

La strada che si percorre per andare al lavoro, i volti che si incrociano, il cameriere scontroso alla mensa dell’università e la collega che racconta i fatti suoi al telefono davanti alla porta a vetri dell’ufficio. E poi la spesa al supermercato che, sì, è particolarmente stressante ma ormai è parte dalla quotidianità; e le riunioni del lunedì, le lezioni del mercoledì, la bellezza dell’insegnamento che mi fa sentire utile, la possibilità di vedere regolarmente quelle poche persone con cui abbiamo stretti rapporti significativi.

Inoltre, questa situazione si ripercuoterà negativamente sull’economia, il che getterà ancora più incertezza nelle vite di tutti anche dal punto di vista lavorativo, cosa che creerà ansia e timori in tutta la popolazione a prescindere dal neurotipo. Immaginate, però, cosa accadrà alle persone alle quali il cambiamento e l’incertezza provocano reazioni spropositate, stati d’ansia ingestibili, attacchi di panico, depressione.

Immaginate cosa potrà significare per coloro i quali già normalmente hanno enormi difficoltà sul lavoro, quelli che probabilmente hanno impiegato anni e anni a trovare e mantenere un impiego in cui bene o male e con grande sforzo riescono a gestire la propria diversità, messi davanti alla prospettiva dell’ennesima crisi finanziaria globale. La prospettiva di ricominciare nel caos, l’incertezza del momento, i cambiamenti improvvisi nelle piccole cose di ogni giorno, non sono facili da gestire per nessuno, ma per un autistico possono diventare davvero problemi notevoli.

Non c’è nessuna morale, in questa riflessione di oggi, solo il desiderio di condividere un sentimento che diverse persone hanno espresso nei messaggi che quotidianamente ricevo, un sentimento che sto in parte vivendo in prima persona e che aggiunge per molti di noi ulteriori difficoltà alla gestione di una quotidianità spesso già carica di ostacoli.

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