La sofferenza è negli occhi di chi guarda

un bambino accovacciato sull'asfalto che si tiene il ginocchio con aria sofferenteSecondo articolo preparatorio alla valanga di disinformazione e, soprattutto, alla scarsa autorappresentanza che normalmente caratterizza il 2 aprile, giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo.

Oggi parliamo di sofferenza, perché… LA SOFFERENZA È NEGLI OCCHI DI CHI GUARDA

Quante volte avete letto o sentito dire, di una persona adulta, una bambina o un bambino che “soffre di autismo”?. Quante volte sui giornali leggiamo di questa categoria di esseri umani che, inspiegabilmente, viene etichettata come sofferente per il semplice fatto di esistere?

Certo, ci sono persone autistiche la cui condizione è causa di problematiche difficili da vivere per sé e per le famiglie che stanno loro vicino, negarlo sarebbe altrettanto stupido quanto pensare che essere autistiche o autistici rappresenti necessariamente e costantemente una fonte di sofferenza.

Il problema, quando si scrive o si dice che noi soffriamo di autismo, è che veniamo identificatǝ esclusivamente con l’immagine del dolore, della sofferenza, come se le nostre vite fossero una valle di lacrime senza fine. Inoltre, questa narrazione vanifica tante battaglie personali e collettive portate avanti da persone autistiche e dai loro familiari, battaglie in cui si chiede al mondo normale di cominciare a guardare a questa condizione del neurosviluppo non come a una patologia da estirpare ma come a una differente organizzazione del sistema nervoso. Che poi è la direzione verso cui si muove la ricerca già da qualche anno.

Quindi, per favore, a chi scrive per mestiere ma anche a chi desidera semplicemente parlare di autismo sulle reti sociali chiedo di riflettere un attimo prima di attribuire a noi persone autistiche lo status di creature sofferenti. Evitiamo di stigmatizzare questa condizione contribuendo a una narrazione del dolore che non corrisponde alla verità e crea stereotipi difficili da estirpare.

Certo, noi autistiche e autistici possiamo soffrire, come chiunque altrǝ. Possiamo provare dolore perché alcune nostre caratteristiche non vengono accettate dalla società in cui viviamo, possiamo piangere perché a volte certi aspetti dell’autismo fanno male a prescindere, è vero. Ma come chiunque altrǝ possiamo stare bene, essere felici, ridere, annoiarci, arrabbiarci, ingelosirci, provare invidia.

Quindi, per favore, smettiamola di associare l’autismo alla sofferenza. Questo sì, ci fa soffrire.

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