Attenzione all’eco

una scimmia che osserva la propria immagine riflessa in uno specchietto

Piccolo problema di comunicazione e interpretazione della realtà: il modo in cui io vedo una cosa, è semplicemente il modo in cui io vedo quella cosa.

Il nostro cervello ha un funzionamento di default che fa uso di euristiche, ragionamenti intuitivi e veloci che ci permettono di prendere decisioni senza dover necessariamente stare lì a soppesare tutte le informazioni disponibili.

Queste scorciatoie cognitive fanno uso di pacchetti di informazioni generalizzate già confezionati, come gli stereotipi. Se ti trovi nella giungla non vuoi perdere tempo a domandarti cosa possa avere causato quel rumore alle tue spalle, ma cominci a correre sulla base dello stereotipo che ti dice: nella giungla ci sono animali feroci.

Ma questi meccanismi, fondamentali nella nostra evoluzione come specie, spesso si basano su pacchetti di informazioni errate o non aggiornate, o semplicemente non ci spingono a considerare tutte le informazioni a disposizione prima di prendere una decisione. In questo caso, l’euristica si trasforma in un bias.

Di bias se ne contano a centinaia, ma uno dei più comuni è quello denominato bias di conferma, e consiste nella tendenza a ricercare solo quelle informazioni che confermano idee che già avevamo in precedenza. Quindi, se io sono convinto che la pandemia sia una montatura e coi vaccini ci iniettano dei microchip, comincerò a frequentare siti internet e gruppi sulle reti sociali che condividono questa visione, e anche nella vita reale mi ritroverò a parlare solo con le persone che credono al complotto globale.

Come conseguenza, non avrò più un confronto con chi la pensa diversamente, e diverrò sempre più aggressivo nell’argomentare le mie posizioni. E così, lentamente ma inesorabilmente, entrerò in quella che viene definita una “camera dell’eco” (echo chamber), ossia un luogo in cui determinate informazioni e credenze vengono amplificate proprio dalla ripetizione costante e dalla mancanza di opinioni e considerazioni divergenti.

Questo accade a ciascuna persona, a prescindere dalle sue idee, dalla formazione, dal livello di studi. La polarizzazione di informazioni e opinioni è ormai sempre maggiore e trasversale, e non perché sia un fenomeno nuovo, ma perché è enormemente facilitata dai mezzi di comunicazione. Chiunque può cascare in questa trappola, e la cosa più subdola è che non è facile accorgersene perché sfrutta un meccanismo inconscio che abbiamo di serie.

Spesso si sente dire che bisogna verificare le informazioni ma non si insiste abbastanza sulla necessità di diversificare le fonti, di cercare spazi di discussione in cui siano ammesse opinioni differenti. Mantenere la propria visione ampia e rimanere aperti a chi la pensa anche in modo diametralmente opposto da noi è l’unico modo per evitare di accartocciarci su posizioni che alla fine, anche se partono da presupposti corretti, rischiano di diventare intransigenti e contribuire alla polarizzazione di tanti discorsi.

Differenziare le fonti da cui reperiamo le informazioni e accertarci della loro veridicità, discutere non necessariamente per convincere l’altra persona ma confrontarsi con chi non la pensa come noi per ampliare il nostro sguardo sul mondo. Perché altrimenti dimentichiamo di essere creature estremamente complesse che vivono in società altrettanto complesse e variegate.

Perché, altrimenti, non stiamo comunicando, ma semplicemente ascoltando l’eco delle nostre idee, all’infinito.

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