La neurotipicità ai tempi del coronavirus

Questa è una storia che in qualche modo avevo in mente di scrivere già da anni, ma lo scoppio di questa pandemia di coronavirus e le drastiche misure di contenimento che, di fatto, equivalgono a degli arresti domiciliari collettivi, hanno superato di molto la mia fantasia. Lo so che non è l’articolo sulla pianificazione che avevo promesso ieri, però questo mi è proprio scappato dalle mani.

La storia del mondo al contrario, dei neurotipici costretti a vivere in un mondo con regole autistiche, e dico “costretti” proprio come noi autistici siamo obbligati a vivere in un mondo neurotipico ogni santo giorno, non è sicuramente delle più originali, ma oggi possiamo dire che è abbastanza realistica.

Faccio una premessa doverosa, più che altro per evitare i soliti commenti del tipo: «Però mio figlio/marito, mia moglie/figlia autistica non ama stare chiusa in casa. A mio figlio piace andare al centro commerciale, ama le luci e i rumori e gli abbracci e la socialità…», fino ad arrivare a chi mi ha accusato di mettere in giro stereotipi dannosi sull’autismo. Io, che ogni santo giorno scrivo qualcosa nel tentativo di smontarli, questi stereotipi.

La precisazione è che sì, siamo tutti diversi, ma alcuni comportamenti e necessità, come il bisogno di solitudine, si verificano con maggiore frequenza tra gli autistici. Nello spettro la diversità è la norma, ognuno di noi manifesta determinate caratteristiche in modi differenti e con intensità differente, eppure tutte queste caratteristiche sono accomunate da una diversa organizzazione del sistema nervoso che permette di raggruppare individui con comportamenti diversi (perché i comportamenti, ricordiamolo, sono manifestazioni, non cause) sotto la definizione di Spettro Autistico.

E adesso cominciamo la nostra storia con un paio di domande ai neurotipici: come vi sentite in questo isolamento forzato? Com’è non poter uscire quando vi pare, non poter socializzare al lavoro, in palestra o a scuola? Niente discoteca né bar affollati e aperitivi con gli amici, né feste? Che effetto sta avendo su chi è chiuso in casa con un familiare, un coinquilino, questa socialità obbligatoria e limitata a poche persone, e soprattutto, sempre le stesse? E come state messi a interessi personali, ne avete qualcuno che possa salvarvi dalla follia? È interessante, quello che sta accadendo, perché riflette in modo abbastanza fedele quello a cui molti di noi autistici siamo stati sottoposti per una vita.

Di sicuro a tanti neurotipici, prima di questo isolamento forzato, piaceva ogni tanto stare da soli, potersi godere dei momenti di isolamento per dedicarsi a se stessi, ai propri pensieri. Però adesso è troppo, non è vero? Essere costretti a stare da soli o con pochissime persone per tanto tempo è insopportabile. Almeno, è quello che in tanti mi dicono. E sicuramente lo è anche per molti autistici, ma in questo momento vorrei sfruttare la situazione per stimolare una riflessione su alcuni aspetti particolari.

Bene, allora pensate a tutte le volte che avete costretto un autistico a socializzare contro la sua volontà. Esattamente come a voi ogni tanto piaceva star soli, anche a noi autistici (alla maggioranza, ripeto, niente di quello che scrivo vale per tutti) piace socializzare ogni tanto, con alcune persone e con le modalità per noi più naturali. Solo che in condizioni normali, prima dell’arrivo del coronavirus, eravamo obbligati a socializzare secondo le vostre regole, a stare costantemente in mezzo alla gente, ai rumori; ci sentivamo rimproverare per il nostro naturale desiderio di solitudine che era l’unica salvezza contro il sovraccarico sensoriale, emotivo e cognitivo.

Ora avete la possibilità di mettervi nei nostri panni, vi basta ribaltare la situazione e capirete come ci siamo sempre sentiti. Anche se per voi la cosa finirà molto presto, tra un mese o al massimo due sarete di nuovo tutti per strada, nei bar e centri commerciali, nelle aule di scuola affollate e negli uffici open space, mentre per noi ricomincerà la tortura.

Non potete uscire quando volete senza un motivo o una giustificazione. Lo so, non è solo questa cosa di dover rimanere in casa tutto il giorno, è proprio la perdita di libertà, è vivere sapendo che non potete disporre della vostra vita, che siete obbligati da altri esseri umani come voi a fare cose che non vi piacciono, che vanno contro la vostra stessa natura. Lasciamo perdere l’altruismo, le belle frasi su Facebook e la responsabilità per i più vulnerabili: questo funziona per alcuni di noi reclusi, ma non per tutti. Se non fossimo stati obbligati a rimanere chiusi in casa per tanto tempo (e tanto ce ne rimane ancora davanti) non tutti l’avremmo fatto, alla faccia del bene comune.

Immaginate come ci siamo sempre sentiti noi autistici, almeno quella maggioranza di noi che ha bisogno della propria solitudine, dei propri spazi e silenzi, delle proprie routine, quando ogni santo giorno siamo stati obbligati a rinunciare al controllo sulle nostre vite, a mettere da parte le nostre necessità e aspirazioni perché per la società non sono normali, non vanno bene, bisogna che ci adattiamo alle necessità e aspirazioni della maggioranza. Ecco, ora tocca a voi essere privati della vostra libertà di essere voi stessi, e sinceramente la cosa non mi rende assolutamente felice, perché è una condizione che non augurerei a nessuno.

Che la situazione ormai vi stia angosciando è chiaro come il sole, non perdete occasione per farlo notare, per farlo trapelare nei modi che vi sono consentiti coi vostri rumorosi flashmob sui balconi, con la vostra musica sparata a palla nei condomini.

Com’è non essere ascoltati, dover gridare il proprio bisogno di libertà quando sapete benissimo che tanto non serve a nulla, ma lo fate lo stesso perché almeno così riuscite a sentirvi parte di una rete di persone come voi, con gli stessi bisogni?

Voi neurotipici vi incontrate sui balconi, condividete a distanza la vostra necessità di stare insieme e fare casino, un po’ come noi autistici ci incontriamo sui blog e le pagine Facebook, scriviamo articoli e libri. Lo facciamo sapendo che non cambia molto, perché tanto continuerete a trattarci da esseri difettosi, ma ci sentiamo meno soli sapendo che altri come noi ci leggono e ci ascoltano, possiamo interagire con loro e sperare che qualcuno al di fuori della nostra comunità si accorga delle nostre vere difficoltà e necessità, delle nostre aspirazioni.

Io mi auguro solo che abbiate qualche interesse, qualche hobby come la lettura, la costruzione di modellini o lo studio di qualche argomento; spero che ci sia qualcosa che possa assorbire la vostra attenzione in modo da risucchiarvi in un mondo senza tempo e farvi rilassare, dimenticando che lì fuori c’è una realtà che vi costringe a essere quello che non siete, che vi obbliga in casa, da soli o con quelle poche persone, sempre le stesse, da giorni. Trascorrere le giornate guardando serie su Netflix o giocando alla Playstation va bene all’inizio, ma dopo un po’ anche quello stanca.

Per questo, costretti tra le vostre quattro mura, sono certo che ci starete pensando, che starete cercando attività da svolgere, anche le più strane. Insomma, siete obbligati a riempire il tempo in modi che normalmente non avreste utilizzato, perché prima di questa situazione vi bastava uscire, vedere qualcuno al bar, andare a fare due passi per non annoiarvi.

Riflettete allora un attimo su tutte le volte in cui ci avete distolto dai nostri interessi, ci avete obbligati a fare altro perché non vi sta bene che noi desideriamo impegnare il nostro tempo in attività che ci facciano sentire bene, se queste attività non corrispondono alle vostre.

So che il tono di questo articolo può apparire vendicativo ma non lo è. Non ho mai augurato a nessuno di passare per determinate cose, figuriamoci adesso, in questo modo e in questa situazione così triste. Ma è un’occasione per stimolare una riflessione, ché tanto di tempo ne abbiamo tutti a sufficienza, in questi giorni. Un’occasione per domandarci quanto possa essere difficile per una minoranza dover sottostare alla volontà di altri solo perché differente dalla maggioranza.

E quella in cui ci troviamo ora, per quanto tragica, è una situazione transitoria. Immaginate il senso di sconforto e avvilimento di chi, fin da bambino, guarda avanti sapendo che sarà sempre visto come difettoso, come un elemento da aggiustare, normalizzare. Pensate alla difficoltà di alzarvi al mattino col desiderio di mettervi a leggere un libro sul vostro argomento preferito ma no, dovete fare quello che dicono gli altri. Ora lo sapete: vi alzate col desiderio di andare a fare una passeggiata o di prendere il caffè coi colleghi, o di vedere i compagni di scuola e non potete, vi è proibito.

C’è però una differenza in particolare che rende questa storia irreale, ed è lo scopo, l’obiettivo delle costrizioni e dei divieti. Qui, ora, si stanno facendo enormi sacrifici per il bene di tutti, soprattutto delle persone più vulnerabili, perché c’è una sorta di “nemico comune” che unisce tutti e, seppure non sempre, riesce a far pesare meno la situazione.

Noi autistici invece sappiamo che tutto quello a cui siamo costretti, la rinuncia alla nostra identità, ai nostri desideri e ai bisogni naturali (che sono il risultato di un modo di essere differente e non capricci) non aiuteranno nessuno, non ci sono imposti per una giusta causa. Noi sappiamo che tutte le difficoltà a cui andiamo incontro quotidianamente e l’incomprensione, il dolore di sentirsi diversi, sbagliati, tutto questo dobbiamo sopportarlo solo perché la maggior parte delle persone (non tutte, ma troppe) non riesce a pensare che le differenze non sono difetti.

Meditiamo tutti su quello che ci sta accadendo, riflettiamo su quanto la chiusura verso le differenze possa far male, cogliamo questa brutta occasione per imparare a comprendere che ciascuno ha dei desideri, delle necessità, delle aspirazioni che vanno comprese. E smettiamo di giudicare.

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