La falsa “epidemia di autismo” e l’idea di neurodiversità

Le ultime statistiche ci dicono che un bambino su 59 (ossia l’ 1,7% del totale) riceve oggi una diagnosi di autismo.

Come spiego in modo più approfondito nel mio libro Eccentrico, non credo alla teoria complottista dell’epidemia di autismo, mentre sono convinto (con una buona parte della comunità scientifica) che la stragrande maggioranza di quest’aumento nelle diagnosi si spieghi con l’allargamento dei criteri diagnostici (che oggi comprendono anche manifestazioni come la sindrome di Asperger), una migliore conoscenza di questa condizione da parte sia del pubblico che degli specialisti e la sostituzione diagnostica (diagnostic substitution in inglese, ossia una condizione o malattia che prima riceveva una diagnosi, da un certo punto in poi viene sostituita da un’altra diagnosi).

Fatto sta che si è passati da 1 diagnosi su 150 del 2002, a 1 su 59 del 2017.

Lungi dall’essere allarmante, questo dato ci pone semplicemente davanti a una realtà che è sempre esistita ma non è mai stata misurata in modo efficace, e cioè che una parte della popolazione pissiede un differente stile cognitivo, si differenzia dalla normalità, dalla neurotipicità.

Non si tratta di un reale aumento dei casi di autismo (non nella totalità dei casi, almeno), ma solo delle diagnosi, come dicevo, perché i requisiti per essere diagnosticati come autistici si sono allargati tanto negli anni da comprendere forme di autismo che prima non venivano definite come tale.

Una buona parte di questo aumento delle diagnosi è da attribuire proprio all’inclusione di questa categoria di persone che sono sempre esistite e, fino a qualche anno fa, venivano semplicemente etichettate come “strane”, o “solitarie”, e spesso guardate con sospetto per la tendenza a non uniformarsi alle regole sociali e a non apparire particolarmente socievoli. Parliamo degli autistici definiti – a mio avviso in modo poco elegante – ad alto funzionamento,  categoria che appunto dal 2013 (DSM-5) include anche la Sindrome di Asperger.

In pratica, fino all’uscita del DSM-5 (la quinta edizione del manuale diagnostico e statistico dell’Associazione Psichiatrica Americana) una persona diagnosticata con sindrome di Asperger o con PDD-NOS non andava a finire nelle statistiche dei casi di autismo. Quindi, facendo un esempio molto terra terra, se su 10 persone 3 ricevevano una diagnosi di autismo, 1 di asperger e 1 di PDD-NOS, le statistiche sull’autismo ci avrebbero detto semplicemente che 3 persone su 10 sono autistiche. Ma se invece, come accade dal 2013, noi decidiamo (più o meno arbitrariamente, ma questo è un discorso a parte) che l’autismo è uno spettro e che in questo spettro rientrano anche l’asperger e il PDD-NOS, quando arriveranno le statistiche sull’autismo noteremo un aumento particolarmente importante, e invece 3 su 10, gli autistici saranno 5 su 10.

Gli altri due motivi dell’aumento delle diagnosi sono anch’essi abbastanza semplici da spiegare. Oggi sia il pubblico che gli specialisti sono a conoscenza di questa condizione molto di più rispetto al passato, e questo fa sì che: 1) familiari di bambini che presentano determinate caratteristiche ricorrano con maggiore frequenza al parere di uno specialista e 2) lo specialista che prima non avrebbe diagnosticato la condizione autistica per scarsa conoscenza del tema, emetterà (se fosse il caso) una diagnosi di autismo.

Ultimo motivo per diffidare della presunta epidemia di autismoè la sostituzione diagnostica. In pratica, da un lato sono aumentate le diagnosi di autismo, e dall’altro sono diminuite quelle di altre condizioni come ad esempio il ritardo mentale e le difficoltà di apprendimento. Questo significa che prima che fossero stabiliti certi criteri diagnostici per l’autismo, alcuni individui con determinate caratteristiche x venivano diagnosticati con ritardo mentale, altri con caratteristiche y ricevevano una diagnosi di disturbo dell’apprendimento. Dal momento in cui le caratteristiche x e y vengono incluse nella diagnosi dello spettro autistico, quegli individui non riceveranno più diagnosi di ritardo mentale o disturbo dell’apprendimento ma di autismo, cosa che farà aumentare le statistiche delle diagnosi di autismo e diminuire autimaticamente quelle delle altre due condizioni (per maggiori informazioni vedi lo studio originale qui)

Il concetto di neurodiversità.

 

A questo punto, è chiaro il motivo per cui sia così importante sapere di cosa stiamo parlando, cosa è realmente l’autismo, in che modo si manifesta, quali sono le caratteristiche delle persone che appartengono a questo spettro e quali le loro esigenze, i loro bisogni. In che modo lo stile cognitivo proprio dell’autismo è differente.

Tutti abbiamo infatti ancora in mente lo stereotipo dell’autistico che si dondola su una sedia, o che muove ossessivamente le mani davanti agli occhi, gira in tondo, non parla e grida senza motivo: Rain Man, praticamente. Certamente non risponde a tale stereotipo il professore di materie scientifiche un po’ solitario, dai modi assai particolari  e magari dall’aspetto un po’ trasandato.

Eppure noi autistici cosiddetti ad alto funzionamento non siamo un’invenzione degli ultimi tempi. Siamo sempre esistiti, magari senza questa etichetta, ma le difficoltà che incontriamo nella vita quotidiana ci sono sempre state. Ipersensibilità ad alcuni stimoli sensoriali come rumori, luci, sapori o consistenza dei cibi, a particolari tessuti o agli odori; difficoltà nel comprendere in modo intuitivo quei segnali non verbali tipici dell’interazione sociale tra persone; la necessità di seguire delle routine abbastanza ferree, di immergersi nei propri interessi, di poter stare da soli quando lo desideriamo; quelle crisi così difficili da gestire come i meltdown (vere e proprie esplosioni di rabbia incontrollata e senza motivo apparente) o gli shutdown (crisi in cui la persone si chiude in se stessa), tutte qeste caratteristiche spesso non sono così visibili dall’esterno. Eppure esistono, e possono rendere la vita di una persona autistica estremamente difficile.

Perché certe cose non si vedono da fuori? Perché a forza di rimproveri e punizioni, col timore di essere emarginati e allontanati dai compagni di scuola, per paura di essere presi di mira e spesso perseguitati dai coetanei, impariamo a nascondere certi lati. Perché così gli altri, voi, i neurotipici, non dovete fare lo sforzo di accettare certe piccole differenze.

Per comprendere l’importanza della diagnosi e del fatto che la società sappia cos’è l’autismo, proviamo a fare un esercizio: immaginiamo un ragazzino come me, negli anni novanta, quando l’autismo era solo quello grave, e poi proviamo a immaginare lo stesso bambino oggi.

Quel bambino, negli anni novanta vivrà un inferno personale che probabilmente lo porterà a modificare, a violentare il proprio carattere pur di cercare di somigliare agli altri. Perché tutti gli fanno notare che è sbagliato, che certe cose non vanno fatte o dette. Vivrà un inferno, quel bambino degli anni ottanta o novanta, in totale solitudine, e in lui crescerà la convinzione di essere sbagliato, di non essere accettato perché inferiore, o se non altro strano. Le statistiche ci dicono anche che col tempo, andando avanti con gli anni, quel bambino probabilmente svilupperà un disturbo psichiatrico come il disturbo da ansia generalizzata, o da ansia sociale (o entrambi), depressione o che, come sempre le statistiche raccontano, mediterà sulla possibilità di togliersi la vita. A volte ci proverà, in qualche caso ci riuscirà.

E tutto questo perché gli altri non sapevano che si trattasse di differenze dovute a una naturale variazione dello sviluppo neurologico che, alla fin fine, se non accompagnata da deficit cognitivo, fa sì che quel ragazzino, sia solo un po’ diverso, che abbia alcune abilità più sviluppate di altre, come chiunque altro. Solo che a volte le abilità più sviluppate in lui non coincidono con quelle degli altri. Tutto qui.

Prendiamo invece quel bambino oggi. Molto probabilmente già nei primi anni riceverebbe una diagnosi di autismo. Un’etichetta, come amano dire i detrattori delle discipline psicologiche e psichiatriche. Ebbene, quell’etichetta gli consentirà di ricevere aiuti a scuola, sostegno terapeutico per poter sviluppare al meglio quelle caratteristiche tipiche della sua condizione senza essere invece bollato come svogliato, o come pigro. Andando avanti con gli anni, potrà trasformare quegli interessi speciali così particolari e ossessivi in una brillante carriera lavorativa e magari, avendo frequentato persone dalla mente aperta e informate, avrà un gruppo di amici che non vedranno nella sua condizione un ostacolo bensì un valore.

Ecco perché è importante la diagnosi, e perché è estremamente importante che la comunità, il pubblico conosca la condizione autistica per quello che realmente è, senza quei pregiudizi dovuti a un’informazione errata e di bassa qualità, a clichet grotteschi che nulla hanno a che fare con la realtà.

Negli anni mi sono spesso scontrato con questi pregiudizi, con queste idee ridicole che però, quando condizionano la tua vita, tanto ridicole non sembrano più. Ed è per questo che ho deciso di scrivere Eccentrico e di aprire questo blog: per spiegare cosa è la neurodiversità a chi non lo sa, e per aiutare chi si trova nella conizione autistica a comprendere meglio la propria situazione.

Ovviamente, se avete suggerimenti su un argomento da trattare o volete raccontarmi la vostra storia, inviatemi un messaggio attraverso il modulo di contatto!

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