La giornata in cui gli altri parlano di me

Il 2 aprile si celebrerà la giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo. Tanti monumenti si tingeranno di azzurro e per 24 ore tutti noi verremo bombardati da pezzi di puzzle di ogni i colore e forma, a ricordarci quel “pezzo mancante” che rende gli autistici ciò che sono: una collezione di deficit e problemi.

Ascolteremo specialisti, genitori e giornalisti parlare di malattia, di poveri bambini affetti dalla patologia autistica, leggeremo di disturbi dello spettro autistico. Verremo fatti oggetto di pietosi e compassionevoli articoli sui giornali e servizi strappalacrime in televisione. Ci sentiremo dire che a oggi ancora non c’è una cura per questa tremenda disgrazia ma che si sta cercando di comprenderne le cause. Sentiremo parlare dell’unica terapia scientificamente provata raccomandata da associazioni (di persone non autistiche), da sistemi sanitari nazionali e terapisti vari, intervento i cui risultati effettivamente provati da studi scientifici validi non sono tutto sommato così incoraggianti ma sticazzi, se l’addestramento a botte di premi e rimproveri funziona coi cani allora qualcosa farà anche su questi poveri bambini speciali.

Il 2 aprile il mondo parlerà di noi, ma pochi di noi parleranno al mondo.

Il 2 aprile credo che staccherò internet e mi rifugerò su un albero al parco, cercando di non pensare al mare di idiozie e di pareri che verranno vomitati nell’etere su di me da sconosciuti che nemmeno per un istante in vita loro hanno provato cosa voglia dire pensare, muoversi, sentire, vivere da autistico.

Con una veemenza che ogni volta mi ferisce e mi stupisce, associazioni per l’autismo formate da non autistici cercheranno di zittire quelli di noi che riusciranno a far sentire la propria voce, perché se parli e scrivi allora non sei mica un autistico vero, l’autismo è un’altra cosa, è una catastrofe, una lotta costante, una disgrazia.

Il 2 aprile me ne starò in disparte tutto il giorno aspettando che arrivi il 3, e di me si ricominci a non parlare più. La giornata mondiale della consapevolezza autistica ha il vantaggio di renderti consapevole di quanto siano piacevoli l’anonimato e l’invisibilità che, durante il resto dell’anno, ti fanno tanto soffrire. Ecco, devo proprio ricordarmene quando mi sentirò emarginato dalla società, quando mi verrà voglia di scagliarmi contro le norme neurotipiche; devo ricordarmene il giorno in cui mi venisse voglia di parlare di inclusione e comprensione.

Sembrerò esagerato, ma vorrei che si provasse solo per un istante a immaginare la frustrazione che può generare questa situazione a dir poco grottesca.

Immagina che durante una giornata intera il mondo parli di te, delle tue caratteristiche; immagina che migliaia, milioni di persone sparse sulla faccia della terra, un giorno all’anno, dirigano la loro attenzione al modo in cui cammini, in cui pensi o parli o scrivi. Per un giorno, un numero immenso di perfetti sconosciuti ti dirà cosa è meglio per te, ti manderà messaggi di speranza e comprensione, cercherà di spiegarti perché sei quello che sei e cosa dovresti fare per smettere di soffrire in determinate situazioni o per assomigliare di più a loro, per diventare “normale”.

Per un giorno, tutti questi sconosciuti si accorgeranno della tua esistenza ma lo faranno troppo spesso dal loro punto di vista. Penseranno e si rivolgeranno a te come a quella creatura un po’ (più o meno…) difettosa che bisogna capire, poverina, ce la mette tutta ma certe cose proprio non riesce a farle. Ti proporranno terapie di ogni tipo, scientificamente provate, spirituali, riprogrammazioni varie, ma in pochi ti chiederanno cosa ne pensi tu, qual è il tuo parere, cosa provi e se davvero vorresti cambiare. E meno ancora saranno disposti ad ascoltarti perché sembrerai troppo normale, lontano da quegli stereotipi commoventi e strazianti del bambino speciale, del puzzle col pezzo mancante.

Effettivamente potresti anche sembrare normale, se non fosse che molti problemi te li crea proprio il contatto con quelle persone che, una volta all’anno, si ricordano di te.

Il 2 aprile è la giornata in cui il mondo neurotipico parla degli autistici. E’ la giornata della consapevolezza dell’autismo, certo, la consapevolezza da parte mia di quanto ancora ci sia da fare per riuscire a far passare un concetto tutto sommato semplice come quello di “inclusione”. Un concetto scomodo perché presuppone uno sforzo anche dall’altra parte, un cambiamento, un mettere in discussione tutto quello che fino a oggi si è sempre dato per scontato, le abitudini, i comportamenti, le credenze. Perché per integrarmi lo sforzo devo farlo io, ma per includermi bisogna che lo facciano anche loro, i “normali”, quelli che martedì prossimo staranno lì a parlare e scrivere di me senza nemmeno conoscermi.

Volevo scrivere un pezzo divertente sul 2 aprile, e invece più scrivevo e più sentivo montare il nervosismo. Ho rivisto davanti agli occhi pezzi di puzzle, fotografie di bambini che si tappano le orecchie, manifesti azzurri che parlano di sfida, di lotta all’autismo.

Non vorrei essere frainteso, io non ce l’ho con tutte quelle persone non autistiche che si interessano a noi, che ci aiutano quotidianamente e provano a comprenderci. Non potrei mai avercela con quei genitori che desiderano il meglio per i propri figli o con le tante persone e associazioni che lavorano con autistici preoccupandosi realmente dei desideri e del benessere degli autistici, ascoltandoli, mettendoli veramente al centro del discorso.

Quello che vorrei però si comprendesse è che il 2 aprile le persone come me vengono sommerse, investite da opinioni, parole, iniziative. E per ogni parola, opinione e iniziativa che parta da una visione inclusiva ce ne saranno altrettante (o forse di più) che ci faranno arrabbiare, soffrire, che ci faranno esplodere il desiderio di rispondere, un desiderio che si trasforma facilmente in frustrazione quando non hai la visibilità che, nell’unica giornata dell’anno a te dedicata, probabilmente meriteresti.

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