La festa della liberazione

Il 25 aprile torna a ricordarci chi siamo e da dove veniamo, ma anche a farci riflettere su dove stiamo andando. È la Festa della Liberazione, la data che segna la fine della dittatura fascista e dell’occupazione nazista in Italia. È il giorno in cui la memoria della Resistenza si fa viva, presente.

La Resistenza fu un fenomeno complesso che vide fianco a fianco donne e uomini di ogni estrazione sociale e orientamento politico: comunisti, socialisti, liberali, cattolici, monarchici, anarchici. Tutte e tutti uniti da un unico obiettivo: restituire alle italiane e agli italiani la libertà, la dignità e la possibilità di scegliere il proprio destino. Ricordiamoci che il fascismo non si impose da un giorno all’altro, ma crebbe approfittando della stanchezza, dell’indifferenza e della paura, svuotando progressivamente le istituzioni democratiche, concentrando il potere, riducendo al silenzio ogni voce dissenziente.

Ottant’anni dopo, la storia ci ricorda che i diritti non sono mai acquisiti per sempre. In tanti paesi che abbiamo sempre pensato democratici si moltiplicano le leggi che restringono la libertà di manifestare, che colpiscono le minoranze, che puniscono il dissenso. E anche in Italia, oggi, non possiamo ignorare segnali che dovrebbero allarmare chiunque abbia a cuore la democrazia.

Pochi giorni fa un gruppo di esperti indipendenti dell’ONU, nominati dal Consiglio per i Diritti Umani, ha espresso profonda preoccupazione per il Decreto Sicurezza. Si tratta di un provvedimento approvato in fretta dal Consiglio dei Ministri attraverso una procedura d’urgenza che ha aggirato il dibattito parlamentare e il confronto pubblico. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno definito questa modalità preoccupante, segnalando una elusione del controllo democratico su questioni che incidono direttamente sui diritti fondamentali.

Nel merito, il decreto è stato giudicato non conforme agli obblighi internazionali in materia di diritti umani in quanto le nuove norme rischiano di compromettere la libertà di movimento, la privacy, il giusto processo, la libertà personale, la libertà di espressione e il diritto di manifestare pacificamente. Viene inoltre denunciato l’uso di definizioni vaghe, in particolare in riferimento al terrorismo, che potrebbero legittimare applicazioni arbitrarie e colpire in modo sproporzionato minoranze, migranti, rifugiati e voci dissenzienti.

Tra i punti più critici, gli esperti delle Nazioni Unite evidenziano l’introduzione di pene detentive per chi partecipa a forme legittime di disobbedienza civile come blocchi pacifici di strade, porti o ferrovie, e le nuove sanzioni per proteste nei centri di detenzione e nei CPR, che prevedono condanne fino a otto anni anche in caso di resistenza passiva. Gli esperti parlano apertamente di una restrizione sproporzionata del diritto alla protesta pacifica.

La conclusione è netta: le Nazioni Unite chiedono al governo italiano di abrogare il decreto e di rispettare gli standard internazionali in materia di diritti civili e politici. Secondo gli esperti, la sua approvazione rappresenta una grave regressione democratica, che colpisce prima di tutto chi è già ai margini della società.

La democrazia si difende ogni giorno. Il primo passo verso l’autoritarismo è quasi sempre una rinuncia silenziosa, apparentemente innocua, a un pezzo di libertà. La Resistenza ci insegna che la libertà non è un regalo ma una conquista collettiva. E che va difesa sempre.

Piero Calamandrei, uno dei padri della nostra Costituzione, diceva: “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.” Celebrare il 25 aprile non è solo un atto di memoria, è scegliere da che parte stare.

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