Ridefinire l’autismo: da disabilità a talento

Ridefinire l’autismo: dalla disabilità al talento.

Questo è stato il titolo di una conferenza che ho tenuto, insieme alla musicoterapista Nuria Escudé, alla V Conferenza mondiale dell’Associazione Internazionale di Musica e Medicina (IAMM) la scorsa settimana qui a Barcellona.

È stata un’esperienza entusiasmante e, per una persona come me che ama stare da sola il più possibile e non sopporta con estrema difficoltà posti caotici e affollati, è stato un grande risultato.

Ma ci sono due lezioni che ho imparato da questa conferenza e che voglio condividere con voi, ed entrambe sono collegate al titolo della conferenza.

La prima riguarda la ridefinizione dell’autismo.

Lo scorso febbraio mi è stato chiesto di unirmi al comitato organizzatore della Conferenza dalla mia amica e mentore Nuria. Durante gli anni in cui abbiamo lavorato insieme, Nuria mi ha trattato in un modo assolutamente nuovo rispetto a quello a cui ero abituato. Ha considerato i miei tratti autistici in un modo spesso leggero, ponendomi delle domande per capire come le persone nello spettro autistico sperimentano il mondo, o talvolta facendo battute sui miei comportamenti più “strani”. La cosa più sorprendente è che è sempre stata in grado di rovesciare le cose. Il mio interesse compulsivo per le neuroscienze ai suoi occhi è stato fin da subito un valore che avrei potuto utilizzare all’università, e lo stesso è accaduto con il mio bisogno ossessivo di ordinare cose, i pensieri, le parole. Ha trasformato tutto questo in un’abilità di organizzare, scrivere e-mail e discorsi, un “talento” per trovare la soluzione più efficace e semplice a problemi apparentemente complessi e caotici.

Da allora, questa ridefinizione della mia condizione mi ha reso molto più sicuro di me, e la cosa più sorprendente è che, una volta che ho smesso di considerarmi un tipo strano che aveva bisogno di nascondere i suoi strani comportamenti al mondo, ho perso quella sensazione orribile di essere fuori luogo, sbagliato, a volte stupido per non capire uno scherzo o una regola sociale.

Più di quattro mesi partecipando a riunioni, inviando decine di email al giorno, facendo report, organizzando e programmando discorsi, controllando gli abstract. Ma non è stato difficile dato che gran parte del lavoro è stato svolto da casa, e per me trascorrere il tempo da solo a mettere ordine nel caos è come stare in paradiso… Ciò che mi ha stupito è stata la conferenza stessa.

Per tre lunghi giorni sono stato circondato da oltre 300 persone, ognuna con una domanda, un problema da risolvere. “La mia presentazione in PowerPoint non funziona, il mio programma è sbagliato, dove devo andare?” E non ho mostrato la minima esitazione, nessun segno di esaurimento. Il fatto è che alcune persone sapevano della mia diagnosi di Asperger, ma anche a quelli che non lo sapevano, a quanto pare non importava se non li guardavo negli occhi mentre parlavo o se qualche volta non riuscivo a capire una battuta. O quando non li ho abbracciavo e baciavo per salutarli o non mi interessavano le loro chiacchiere interminabili.

È stata una specie di coming out, qualcosa del tipo: signore e signori, questo sono io, prendere o lasciare E, sorprendentemente, nessuno ha lasciato!

Per la prima volta nella mia vita mi sono sentito forte perché una persona mi ha dato piena fiducia, trasformando le mie strane ossessioni in abilità, dimostrandomi che non importa cosa la gente possa pensare o meno. Quello che è importante è che finalmente ho potuto fare ciò che mi piace, che sono stato in grado di mostrare al mondo quanto le persone nello spettro possano essere efficienti in alcune aree, a volte persino più dei “neurotipici”.

La seconda lezione è strettamente legata alla musica.
Sono convinto che la musica (musicoterapia ma anche l’educazione musicale) sia un potente aiuto per le persone autistiche. Parlerò più dettagliatamente dei suoi numerosi vantaggi rispetto ad altre terapie per l’autismo in post futuri, ma qui voglio raccontarvi di come la musica mi ha aiutato a parlare in una sala conferenze di fronte a centinaia di medici, psicologi, musicisti e musicoterapisti e di essere stato in grado di far arrivare il mio messaggio in modo chiaro ed efficace.

L’ansia è un grosso problema per le persone nello spettro autistico, un problema enorme. Alcuni studi hanno dimostrato che le persone autistiche sono molto più soggette a soffrire di un disturbo d’ansia rispetto ai neurotipici. E, quando si tratta di parlare in pubblico, l’ansia può essere può essere paralizzante.

La musica mi ha aiutato a gestire la paura di un discorso pubblico in due modi diversi.
Primo: uso quotidianamente da quando ero un bambino la musica per ridurre la mia onnipresente ansia. Suonare uno strumento o ascoltare la tua musica preferita o anche solo immaginare la musica, ha un effetto dimostrato sull’ansia. Così, durante i minuti precedenti alla conferenza, dato che non avevo un pianoforte o un lettore mp3 con me, ho suonato alcune fughe di Bach nella mia testa. Ho cercato di concentrarmi sul suono,sul l’articolazione, ascoltando con il mio orecchio interno. È qualcosa che ho sempre fatto in situazioni stressanti e devo dire che funziona meglio della meditazione, che ho anche provato in passato con risultati non sempre soddisfacenti.

Suonare o anche semplicemente immaginare la musica in ogni dettaglio aiuta a focalizzare l’attenzione altrove, lontano dallo stress.

Solo che una volta sul palco, non potevo continuare a suonarmi la fuga di Bach nella testa e parlare allo stesso tempo. Almeno io non ci riesco. E a questo punto, la musica mi è stata nuovamente d’aiuto.

Sono abituato a suonare in pubblico fin da quando ero un bambino. Devo dire che ancora dopo tanti anni, la tensione prima di ogni concerto continua a esserci, ma una volta che mi siedo al pianoforte o al clavicembalo e inizio a suonare, svanisce e lascia il posto a uno stato di trans, di estasi.

Quello che col tempo ho capito è che parlare in pubblico è più facile che suonare. Basta confrontare le due cose: quando mi preparo per un concerto devo memorizzare una quantità enorme di note, il mio cervello deve eseguire calcoli allucinanti per consentire alle dita di centrare il tasto esatto per produrre il suono giusto, al momento giusto, per ogni nota. È incredibilmente complicato, e se la concentrazione traballa anche solo per un secondo, si rischia di rovinare l’intero concerto. Come diceva la mia meravigliosa insegnante di pianoforte, è come correre giù per una scala molto lunga. Non devi guardarti i piedi, non devi nemmeno pensare. Corri e basta, perché è sufficiente un solo passo falso, e la prossima cosa che sai è che stai cadendo giù per le scale.

E parlare? In confronto è una passeggiata. Va bene, ammetto che l’idea di salire su un palco e parlare di fronte a un pubblico mi spaventa ogni volta, ma quando lo razionalizzo e lo paragono a un concerto, diventa molto più facile. Il fatto è che quando suoni uno strumento devi ricordare ogni singola nota, mentre quando parli in pubblico devi solo ricordare l’ordine dei concetti, delle idee. Insomma, se sbaglii una parola non è un grosso problema, puoi sempre correggere e andare avanti.

Anche in questo caso la musica è stata il mio più grande aiuto. Una volta imparato a suonare in pubblico, parlare è diventato un gioco da ragazzi.

È una di quelle situazioni in cui la musica può essere incredibilmente utile alle le persone autistiche. Durante il mio lavoro all’Istituto Catalano di Musicoterapia l’ho visto molte volte. Quando i bambini arrivano agitati o ansiosi a una sessione, il terapeuta cerca di fargli scaricare la tensione facendoli improvvisare su uno strumento, usa tecniche di rilassamento o suona della musica rilassante per loro. Anche il canto è molto utile. Certo, non si tratta solo di suonare o cantare. Ci sono tecniche specifiche che mirano a risolvere problemi specifici, e per ottenere il massimo dalla musica c’è bisogno di un musicoterapeuta qualificato.

C’è anche un altro aspetto che secondo me è estremamente importante riguardo all’uso della musica nelle persone autistiche. Si tratta dell’apprendere a suonare uno strumento. Aumenta l’autostima, affina le capacità motorie, focalizza la concentrazione e migliora la memoria. Studiare uno strumento aumenta anche il rilascio di dopamina e endorfine, riducendo il cortisolo, l’ormone dello stress. L’apprendimento della musica aiuta a strutturare idee e pensieri e aumenta la capacità di autodisciplina. Il processo di apprendimento della musica sviluppa la capacità di pianificare una strategia col fine di ottenere un risultato a lungo termine, che è qualcosa che manca a molti autistici.

Essere un musicista è forse la cosa migliore che mi sia accaduta, e raccomando caldamente ai genitori di bambini autistici di provare l’educazione musicale. I vostri figli non devono diventare il prossimo Mozart, Bach o Keith Jarret. Il semplice fatto di imparare a suonare uno strumento o cantare sarà di di per sé un aiuto immenso, e ogni piccolo progresso, anche il più minuscolo, sarà per loro un grande risultato.

Spero abbiate trovato il post interessante. Se avete domande, scrivetemi due righe dal mio modulo di contatto!

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